
I BAMBINI DI HIMMLER, di Caroline De Mulder (Einaudi – febbraio 2025)
Renée, Marek ed Helga vivono a Steinhoring, in Baviera, e sono i protagonisti della vicenda raccontata in questo romanzo, una vicenda ispirata ad una storia vera, vera e spaventosa. Siamo nel 1944 e la guerra infuria. Gli Anglo-americani avanzano da Ovest, i Sovietici da Est, puntando verso la Germania.
Renée è una giovanissima donna originaria della Normandia, regione che è costretta a lasciare perché in attesa di un bambino, il cui padre è un ufficiale delle SS che la indirizza in un heim, una casa per madri, dove potrà trovare ospitalità e dare alla luce il loro bambino.
Helga è un’infermiera del reparto maternità di Heim Hochland, votata alla causa nazista, sinceramente convinta di agire per un fine lodevole, che prevedeva l’accudimento delle future mamme e dei loro nascituri.
Marek è un prigioniero polacco, scampato al campo di Dachau, lavoratore coatto presso la fattoria che sorge accanto all’Heim Hochland, la cui unica preoccupazione è sopravvivere e ritrovare moglie e figlio, di cui non conosce la sorte.
Le storie di Helga e di Marek si intrecceranno con quella di Renée.
Ma che cosa furono questi heime, all’interno di uno dei quali è ambientata la vicenda del libro? Si trattava di case per madri, cliniche, pensate e volute dal gerarca nazista Heinrich Himmler come luoghi dove far nascere gli ariani migliori, in linea con le finalità del folle progetto Lebensborn (“Progetto Sorgente di vita”): far scomparire ogni traccia di sangue impuro e portare la popolazione ariana a 120 milioni di persone entro il 1980, un piano progettato per realizzare le teorie eugenetiche del Terzo Reich sulla razza ariana.
Perché entrassero ufficialmente all’interno di un Ordine di eletti, i neonati di pura razza ariana ricevevano il battesimo all’Ordine delle SS, cerimonia cui presenziavano le stesse in qualità di padrini.
Nel romanzo, si descrive la vita quotidiana all’interno di uno di questi heime, e il lettore, dato che lo stile di scrittura è molto introspettivo, non può che calarsi nella mente e nei pensieri delle madri – mogli, compagne ed amanti delle SS -, così come dei medici e delle infermiere che vi lavorarono, esecutori sistematici di un progetto terribile, sulla cui bontà pochi di loro nutrirono dubbi … (C’è tuttavia un personaggio le cui certezze, ad un certo punto della storia, iniziano a vacillare, portandolo ad interrogarsi sul proprio agire …)
Attraverso vicende personali minori e romanzate e un intreccio costruito tramite l’espediente di punti di vista che si alternano per tutta la narrazione, l’autrice racconta un capitolo spaventoso della Storia del Novecento e della Germania del Terzo Reich, forse meno noto rispetto ad altri eventi più conosciuti al grande pubblico, ma altrettanto inquietante
Recensione di Valentina Ferrari
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