
SANGUE DELLE LANGHE. La saga dei Barolo, di Marina Marazza (Solferino – maggio 2025)

Primo volume di una trilogia, questo libro ha per protagonista Juliette Colbert, poi Giulia di Barolo, i cui primi trent’anni di vita sono ripercorsi in questa versione romanzata della bravissima Marina Marazza, che ci ha già abituati a storie al femminile … pensiamo ai suoi precedenti romanzi con protagoniste figure come Gemma Donati, Teresa Borri Stampa, la monaca di Monza … per citarne solo alcune.
In quest’ultimo suo lavoro, ripercorriamo non solo la biografia di Juliette, ma anche di quegli anni di Storia europea che segnano gli albori dell’età contemporanea: Juliette è vandeana, lei e la sua famiglia subiscono le persecuzioni dei rivoluzionari, confische, esili, la nonna persino la ghigliottina…, poi con il nuovo regime napoleonico riprendono un’esistenza tranquilla pur senza dimenticare le sofferenze patite.
Juliette, in particolare, è molto vicina si nuovi sovrani, perché diventa dama di compagnia e lettrice personale dell’imperatrice Josephine de Beauhrnais. Qui la Marazza è molto abile nel raccontare la vita a corte, tra la Malmaison e le Tuileries, e il rapporto tra Josephine e Bonaparte, desideroso di un erede legittimo che da Josephine non avrà mai, motivo per cui il loro matrimonio avrà fine e Josephine dovrà lasciare le Tuileries, dove si stabilirà la nuova imperatrice.
E’ negli anni in cui si trova al servizio dell’imperatrice che Juliette conosce Tancredi Falletti di Barolo, che sposerà, anche perché la loro unione verrà favorita e approvata dall’imperatrice stessa. Diventata una Barolo, Juliette, che d’ora in poi chiameremo “Giulia”, si trasferisce con il marito a Torino, dove, di lì a poco, spentasi la stella di Napoleone, ritorneranno i Savoia con il re Vittorio Emanuele I.
A Torino, si avvicina alle Dame dell’Umiltà, di cui la suocera fa parte, e alla confraternita della Misericordia. E’ così che fa visita alle carceri senatorie di Torino e conosce la misera condizione dei prigionieri, prendendosi a cuore quella delle carcerate, molte delle quali, in attesa di un processo, vivono nelle celle assieme alle prigioniere già condannate, a causa della lentezza della giustizia del tempo. Giulia si interessa a loro, procurando cibo, abiti e coperte, smuove personaggi di una certa rilevanza perché la condanna a morte di una prigioniera venga commutata in carcere a vita, si impegna perché in prigione si lavori e si studi, dimostrando grande sensibilità e modernità nell’intendere il ruolo del carcere.
“Quello che credo è che bisognerebbe fare in modo che il periodo di detenzione al quale sono state condannate per i loro crimini veri o presunti dovrebbe trasformarsi in un’opportunità, non solamente un castigo che le lascerebbe quelle di prima, o forse peggio. Quando usciranno dalla prigione e torneranno tra noi, sarebbe bello che fossero persone migliori di quando sono entrate. E non ancora più arrabbiate e disperate.”
E il vino? Che cosa c’entra Giulia con il vino? Sulle prime, presa dal suo impegno caritatevole, non se ne interessa, ma già in questo primo volume, si racconta di un’invenzione, una macchina creata da una francese, Mademoiselle Gervais, che consente di migliorare le tecniche di vinificazione: le vigne dei Barolo, infatti, producevano allora un vinello rosato da bere giovane, un vino che invecchiando diventava aceto… i Francesi, invece, avevano scoperto come scongiurare questo processo e a Torino molti accetteranno la sfida, perché le cose stavano evolvendo e il Barolo stava per nascere, conseguimento anche quello di Giulia.
La storia, insomma, non finisce qui …
E, come sempre succede nei romanzi di Marina Marazza, troviamo, in calce al volume, apparati e appendici molti interessanti, in cui viene svelato che cosa c’è di storico e che cosa di romanzato nella vicenda raccontata (“Quattro chiacchiere con i miei lettori”), la cronologia essenziale degli eventi, un elenco dei personaggi reali e frutto della fantasia dell’autrice (davvero pochi), e una bibliografia, nella quale scopriamo che Giulia di Barolo ha lasciato molti scritti e che di lei hanno scritto parecchio i suoi contemporanei … insomma, dalla bibliografia, capiamo che l’autrice si è documentata a fondo sul suo personaggio.
Da ultimo, una curiosità inserita in queste appendici: la Marazza ci racconta che Giulia è stata proclamata, di recente, “serva di Dio” e “venerabile”, dagli organi cattolici competenti che l’’hanno evidentemente considerata un modello di santità laicale: insomma, superati i primi due step sulla strada della santità, le mancherebbero in pratica i due traguardi successivi, quelli di “beata” e “santa”
Recensione di Valentina Ferrari
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