IO UCCIDO, di Giorgio Faletti
Recensione 1
“La paura non ti paralizza, ti accende.”
Non è solo un thriller: è un assalto.
La prima, vera sorpresa è stata Giorgio Faletti. L’ho sempre considerato un comico, un volto televisivo, un uomo di spettacolo. Mai avrei immaginato di trovarmi davanti a uno scrittore capace, un cantautore sensibile, un artista eclettico dalle molteplici doti.
“Io uccido” non è solo il frutto di un talento narrativo: è la prova che Faletti possedeva una profondità creativa che andava ben oltre ciò che il pubblico conosceva.
Ecco il perché del mio scetticismo nel leggerlo, sebbene il successo. Non riuscivo a conciliare la sua immagine pubblica con l’idea di un romanzo cupo, complesso, disturbante. Ma è stata l’insistenza di una carissima amica a convincermi. Mi ha detto: “Leggilo, ti sorprenderà.” Aveva ragione.
Eppure — lo ammetto — non ho mai amato particolarmente i thriller. Mi sembrano spesso costruiti, troppo attenti al colpo di scena e poco alla verità emotiva. Ma “Io uccido” mi ha costretto a rivedere le mie difese. Faletti non si limita a sorprendere, colpisce dove fa male.
La sorpresa è stata totale. Non solo per la qualità della scrittura, ma per il modo in cui mi ha risucchiata. Nonostante la mole — oltre seicento pagine — l’ho divorato in pochi giorni, come se ogni capitolo mi spingesse verso il successivo con una forza che non riuscivo a ignorare. Mi ha presa alla gola, e non mi ha lasciata andare.
Monte Carlo non è una cornice: è un organismo vivo. Respira lusso e marciume. Dietro le luci dei casinò, si muove una claustrofobia elegante, una tensione che non lascia scampo. Faletti non descrive: incide. Ogni scena è una lama che affonda, ogni dettaglio è calibrato per disturbare.
La struttura è da film, ma non da intrattenimento. È da incubo lucido. Capitoli brevi, ritmo incalzante, cliffhanger che non danno tregua. È come leggere con il battito accelerato, come se stessi aspettando un’esplosione che sai arriverà — e arriva.
Il killer è inquietante. Non solo per ciò che fa, ma per come pensa. È il vuoto che ragiona, il male che si compiace. I suoi messaggi criptici, la voce alterata alla radio… sono versi di una poesia malata. E Frank Ottobre, l’agente FBI in congedo, è l’uomo che non vuole più combattere, ma che non può smettere. È fragile, lucido, stanco. Non è un eroe: è un uomo che cerca di non affondare.
Non è un libro perfetto. Alcune svolte sono eccessive, certi dialoghi sembrano scolpiti più per effetto che per verità. Ma c’è una coerenza interna, una fame narrativa che tiene tutto insieme. Faletti non cerca il plausibile: cerca il memorabile. E lo trova.
E forse è proprio quella mano italiana — quel modo di raccontare il dolore con eleganza, la tensione con misura, il male con un tocco quasi lirico — che rende questo thriller diverso, più affascinante. Faletti non si limita a imitare il modello americano: lo contamina, lo sporca, lo rende umano.
Nel panorama thriller italiano, Faletti è un corpo estraneo. Carrisi è cerebrale, De Cataldo è politico, De Giovanni è emotivo, Manzini è umano. Faletti è visivo, disturbante, spettacolare. Non cerca di spiegare: vuole farti sentire. E ci riesce.
Lo consiglio vivamente. Anche a chi, come me, non ama particolarmente i thriller. Perché “Io uccido” non è solo un romanzo di genere: è un’esperienza emotiva, un viaggio disturbante e magnetico dentro l’oscurità dell’animo umano.
A te, amica mia, che con dolce ostinazione mi hai spinta a leggere questo libro.
Avevi ragione. E ora lo so.
Recensione di Patrizia Zara
Recensione 2
Un libro che ha rivelato uno scrittore in un personaggio già noto per tutt’altro: attore e comico. Del libro ho sempre sentito parlare (e bene) e sempre diffidato (!), condizionato dal background dell’autore. Postume, le mie scuse.

Certo, parliamo di letteratura di evasione, ma di un buon thriller. Ben costruito e sviluppato, piuttosto lungo (682 pagine), il racconto non stanca e la presenza di molti topói del genere poliziesco, come l’agente dell’ FBI, non lo banalizzano, così come la non nuova situazione di tragiche storie personali alle spalle dei due investigatori, Frank e Hulot, e di Helena.
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Non c’è un vero protagonista, ma tre personaggi principali, molti tipi e “figure”. Ovviamente contorta psicanaliticamente la figura dei “cattivi, (non dico chi sono per non svelare…), tenere, ben riuscite le figure di Pierrot e della mamma. Le scene e i personaggi sono sempre ben introdotti e descritti, la trama non è eccessivamente contorta e criptica, ma abbastanza avvincente.
Sembra già passato remoto leggere di floppy disk, CD e computer da 1 giga! Non mi piace il banale, all’epoca abusatissimo, “realizzo” per “intuisco , “colgo” e non capisco alle pagine 606 e 607 se ci troviamo di fronte ad un non uso, sbagliando, del congiuntivo o ad un discorso indiretto di una mente semplice, Pierrot, riportato senza segni che lo individuino, in uno stile che richiama José Saramago, di cui, però, non c’è traccia in nessun’ altra parte del libro.
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Apprezzo la prosa sapida e sobria, ricca di piacevoli aforismi ed ossimori. Non passa inosservata la descrizione delle tecniche investigative, il sottofondo psicoanalitico-criminale di alcuni personaggi, la digressione sul mondo delle regate veliche, del commercio mondiale della droga, richiamante molte opere di Roberto Saviano, e il lungo spot per il Principato di Monaco e Montecarlo, sfondo di tutta la storia.
Recensione di Antonio Rondinelli
Titolo presente nei consigli delle librerie 9 puntata
IO UCCIDO Giorgio Faletti



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