Ada d’Adamo vince il Premio Strega 2023 con Come d’aria

Ada  d’Adamo con  “Come d’aria”, morta da pochi mesi, supera di 15 voti Rosella Postorino. Poi Andrea Canobbio, Maria Grazia Calandrone e quinta Romana Petri

COME D’ARIA, di Ada D’Adamo (Elliot Gennaio 2023)

 

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Recensione 1

Ada d’ Adamo ci ha lasciati da pochi giorni.

Da tempo ammalata e ben consapevole di aver poco tempo a disposizione, ha affidato a queste pagine il compito di conservare e diffondere le riflessioni, i pensieri, le paure, la gioia e la rabbia che per anni avevano gonfiato il suo cuore.

Il messaggio che ha voluto lasciarci le sopravviverà a lungo: forte e delicato al tempo stesso, è e sarà – ahimè – sempre attuale.

Un libro breve e garbato che colpisce come un pugno nello stomaco: veicolato da una narrazione lucida e senza sconti l’autrice tratta il tema doloroso della disabilità e della malattia; ne parla in prima persona visto che la sorte l’ha scelta per assegnarle un percorso difficile e pieno di dolore.

Inizia il suo racconto mettendo il lettore a parte del suo doloroso stupore iniziale e prosegue con il difficile percorso che porta ad una rassegnata consapevolezza.

Tutti i genitori vivono l’esperienza della gravidanza come un periodo di attesa sognante in cui ogni pensiero è rivolto a quella nuova vita che tanto cambierà la loro, entusiasti all’idea di vivere i progressi e le scoperte di quei cuccioli nel viso dei quali si è sempre pronti a riconoscere qualcosa di noi o di chi amiamo.

Solo gioia, questo ci aspettiamo.

Per alcuni il destino ha in serbo qualcosa di diverso.

Nasce Daria.

All’amore e alla gioia, è affiancato – non richiesto – tanto dolore.

La D’Adamo ci racconta la sua incredulità nel ritrovarsi catapultata in un mondo del quale mai avrebbe pensato di entrare a far parte.

Quanta tenerezza nel leggere che ogni ausilio che via via si rendeva necessario era visto come un nuovo nemico pronto ad invadere ancora spazio, rendendo sempre più evidente la gravità della situazione che si trovava a vivere, quanta tenerezza nel leggere della sorpresa e dello scoramento che si ritrovava a vivere alla scoperta di un nuovo limite, di una nuova impossibilità.

E quanto amore si legge pagina dopo pagina, quanta forza ci comunica, che meravigliosa donna è stata.

Si è esposta, ha avuto la forza di parlare e non sempre chi l’ha ascoltata le ha dimostrato comprensione. Ma, fino alla fine, non ha rinunciato a raccontarsi.

Quanti nella medesima situazione troverebbero il coraggio di parlare non solo dell’amore sconfinato ma anche dell’insofferenza che si prova di fronte ai limiti ?

Dove trovare la forza per non rimpiangere ciò che manca ma per sfruttare quel poco che si ha?

Come riuscire a comunicare con chi vive in un universo altro?

Ma se ad una situazione difficilissima se ne va ad aggiungere un’altra altrettanto pesante, dove trovare la forza per non implodere ?

La D’Adamo dice di provare un groviglio di disperazione e amore; ci apre la porta del cuore e, senza retorica, ci parla del caos di sentimenti che popolano i suoi pensieri.

Coglie quest’ultima occasione per esplicitare i pensieri di una vita, anche quelli più scomodi quelli che per vergogna, o perbenismo, raramente si trova il coraggio di mettere nero su bianco

Recensione di Gabriella Calvi

 

Recensione 2

Ada D’Adamo, appena entrata nella dozzina dei semifinalisti del Premio Strega, non c’è più.

“Ma il suo libro farà un viaggio lunghissimo.  Leggetelo. E’ il dono che Ada d’Adamo ci ha lasciato, ed è un dono immenso. “ ( Elena Stancanelli, su La Stampa)

Un libro bellissimo, di cui mi sono innamorata anch’io appena letto.

ADA D’ DAMO, Come d’aria

Ancora una croce da portare, come quella di Pietro, padre arrabbiato e impotente nel romanzo di Mencarelli “Fame d’aria”. Un altro inferno quotidiano da attraversare e quasi impossibile da raccontare, soprattutto quando è un genitore a farlo. Eppure Ada d’Adamo ci riesce, perché è la sua storia intima, quella della malattia di sua figlia Daria, venuta al mondo “storta” per “oloprosencefalia” e profondamente amata.

Qui c’è Ada, una donna realizzata nella danza che, quando decide di diventare madre, si ritrova una figlia pluridisabile da crescere, accudire continuamente e ostinatamente. Con dosi massicce di amore, fatica e dedizione. Una volta superato il dolore rassegnato dell’accettazione. Con le inadempienze e l’indifferenza del mondo sanitario. Con la paura del dopo. Con i conti da fare con il dentro e il fuori. Con il tempo che passa,i ricordi,il senso di inadeguatezza, le perdite, l’identità compromessa, il corpo che cambia. Ma anche con la tenerezza di certi momenti di intimità , “brevi attimi di felicità regalati che finiscono nelle pieghe dei giorni” strappati alla quotidianità della malattia che avvilisce e sfinisce in un ”groviglio di amore e disperazione” .Perchè quella figlia “imperfetta, è anche “magica” come le scrivono i suoi compagni di scuola.

Un pozzo di emozioni questo libro che, nel resoconto di un calvario, parla di fatiche quotidiane, attese sfiancanti, sofferenze logoranti, delusioni, sensi di colpa, rabbia, interrogativi, dubbi, equilibri da ricostruire , solitudine, sì perché “il dolore allontana, la malattia spaventa”.

Ma il libro va oltre la malattia, doppia in questo caso, un “faccia a faccia” o meglio ”corpo a corpo” con il male che la vita ti scaraventa addosso, prima con una figlia, poi dentro il corpo della madre, quasi un tempio violato, mentre le forze diminuiscono e il futuro spaventa. Ma non vuole essere chiamata una madre-coraggio Ada, una donna spezzata che però non si piega al destino. Lotta con le forze residue. E poi di nuovo colpi, sconfitte da incassare e andare avanti, cadendo e rialzandosi, senza arrendersi ma anzi fronteggiando ogni genere di avversità.

Un libro che arriva in tutta la sua pienezza, letto tutto d’un fiato, mi ha lasciato scossa e commossa. Per la vicenda rivissuta e raccontata con compostezza e misura, per il dolore nudo, contenuto dentro una trama di parole senza orpelli,per l’incredulità su come la vita a volte si accanisce, per la “lezione” di vita che ci propone.

“Spesso la malattia separa, allontana, distrugge. Qualche volta invece genera, allaccia, moltiplica l’amore”

Recensione di Mariapia Galluppi

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