FAME D’ARIA Daniele Mencarelli

FAME D’ARIA, di Daniele Mencarelli (Mondadori – gennaio 2023)

 

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Recensione 1

 

Pietro prosegue, più che altro fugge da quella rappresentazione identica a se stessa una sera dopo l’altra, sempre con gli stessi attori, le stesse azioni, attorno a una vita che non cessa mai di essere uguale al giorno precedente, e a quello precedente ancora.

Ha fame d’aria.

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Ho bisogno di prendete fiato per descrivere questo libro perché devo selezionare bene le parole. Voglio portagli rispetto.

In primis la storia. In questo breve romanzo trascorriamo qualche giorno con Pietro e Jacopo Borzacchi che, dopo aver avuto un guasto all’auto sono costretti, durante il loro viaggio, a fermarsi in un paesino piccolo e desolato e senza nulla: Sant’Anna del Sannio.

Qui vengono ospitati da Agata che ha un bar-ristorante presso cui fa la cameriera Gaia.

In questi pochi giorni, quelli che servono a Oliviero per sistemare quella vecchia Golf, noi conosciamo Pietro, un padre soffocato dalla rabbia, dalla stanchezza e dal dolore e Jacopo, suo figlio, “un neonato di diciotto anni” autistico a basso funzionamento, bassissimo.

In queste pagine Mencarelli accende la luce sulla paternità, pone l’attenzione sulla vita di un padre che non riesce ad accettare la condizione del figlio. Giornate che si ripetono uguali, una dopo l’altra e che seguono sempre lo stesso ritmo. E Pietro si sente solo, di una solitudine annichilente.

In tutto questo Bianca, la moglie, lo aspetta per festeggiare insieme un anniversario e stare per qualche giorno in serenità.

Jacopo guarda nel vuoto e comunica solo con un “MMMMMMMMMMMMM” che di volta in volta i genitori devono interpretare.

Bianca ha accettato Jacopo e lo ama per come è, Pietro no, non riesce ad accettarlo e soccombe. Agata e Gaia aiuteranno Pietro a guardarsi allo specchio e capire come viene visto. Pietro in tutto questo ha bisogno di sognare, fantasticare, scappare dalla realtà. Lui soffoca…ha fame d’aria.

La stessa fame che viene al lettore in certe pagine.

È un libro toccante, intenso, vero. Crudo in certe pagine. E Mencarelli è eccezionale nel farlo.

Per un secondo mi sono messa nei panni di Pietro e mi è mancata l’aria…

Lo consiglio a tutti i genitori di figli sani per imparare il rispetto e l’empatia.

(Dopo aver letto il libro ho amato ancora di più la copertina)

Recensione di Maria Elena Bianco

 

Recensione 2

Pietro e suo figlio Jacopo, un diciottenne con una grave forma di autismo che lo rende del tutto dipendente dai genitori, per colpa di un guasto alla macchina si trovano bloccati in un pesino del Molise: mentre Pietro attende che il meccanico Oliviero faccia l’impossibile per ripararla si troverà a prendere alloggio in una vecchia pensione gestita da Agata, una donna spigolosa ma di cuore come del resto la giovane cameriera Gaia, e a gestire le difficoltà di un figlio non autosufficiente. Non si tratta tuttavia del classico romanzo dove padre e figlio approfondiscono il loro rapporto oppure si avvicinano dopo essere stati lontani per anni, niente di tutto questo!

 

 

Questa è una storia di dolore, il dolore di un uomo che vive mille drammi interiori e più di tutti un totale disamore, un dolore che riguarda la sua incapacità di combattere una guerra inesorabile contro la malattia del figlio e il dolore che traspare dall’incapacità di quest’ultimo di comunicare; le vicende e le reazioni dei due si intrecciano e a momenti i ruoli di entrambi paiono invertirsi, al punto da non riuscire quasi a capire chi sia il padre e chi il figlio. Non c’è traccia di buonismo o finta retorica in queste pagine, misurate ma pesanti nei contenuti, pagine dove ogni parola è misurata e al suo posto, dove le pennellate di inchiostro di Mencarelli tracciano un ritratto emotivo sconvolgente di personaggi ancora una volta in cerca di salvezza.

Recensione di Enrico Spinelli

Recensione 3

Dell’ultimo romanzo di Daniele Mencarelli si è già parlato nel gruppo (e presumibilmente se ne parlerà ancora) e quindi non mi dilungo in elogi, che sono in ogni caso più che meritati. Per quanto mi riguarda, la cosa più notevole del romanzo è lo stile diretto e la totale assenza di volontà dell’autore di voler compiacere il lettore (cosa purtroppo presente in gran parte della letteratura italiana contemporanea).

Unico appunto, il finale. Senza spolilerare nulla, per carità, ma una chiusa sullo stile di “Bruciare tutto” di Walter Siti (chi lo ha letto capirà) sarebbe stato un finale perfetto. Ma non si può avere tutto dalla vita e rimane comunque un’ottima lettura.

Di Moreno Migliorati

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