DOLCISSIMA ABITUDINE Alberto Schiavone

DOLCISSIMA ABITUDINE, di Alberto Schiavone

 

Recensione 1

Lei si chiama Piera, nasce nel 1942 e, con una dignità tutta sua, esercita il lavoro di prostituta a Torino. I clienti la conoscono come Rosa, questo il suo nome professionale.
Alberto Schiavone ci racconta la sua vita dal 1958 fino ai giorni nostri.

 

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Una storia che muove, come un terremoto, il sentire interiore, leggi e rileggi, non ci sono vie di fuga.
Schiavone ti sbatte addosso una storia ruvida e dura, fa cadere ogni difesa.

Si’, perché la protagonista non è una donna facile da amare eppure la si ama, un muro di difesa ti viene da innalzarlo inevitabilmente tuttavia all’ improvviso questo muro si sgretola e bum va per terra, distrutto.

Non è facile assorbire una vita così, un umano distacco si pone ma poi Schiavone con una scrittura tanto diretta quanto genuina disarma ogni corazza, quella donna così aspra, poco incline ai sentimenti diventa parte di te.

Pian piano ti rendi conto che anche Rosa di amore ne ha bisogno, da sempre; il suo viaggio comincia diventare il tuo, discutibile, criticabile ma non puoi fare a meno di camminare insieme a questa donna.

La guardi negli occhi con i suoi 60 anni di oggi e ci vedi dentro un passato storto, che ha storto per prima lei, che l’ ha fatta diventare ciò che è.

Alla fine quel testo, che all’inizio pareva difficile da digerire, si risolve con una vicinanza, che mai, mai avresti creduto possibile.

Recensione di Katia Zantedeschi

Recensione 2

Piera che è stata Rosa vive a Torino. E’ una Maddalena, “una creatura con una promessa”, una che appartiene alla folla anonima degli ultimi, di quelli per i quali neppure il nome è importante. Eppure è una donna che non si vive come vittima. Il suo è un lavoro come un altro. Anzi potendo gestirsi, si sente anche libera rispetto a tante che hanno un protettore.

La vicenda percorre un ampio arco temporale, dagli anni cinquanta, dalla legge Merlin, a Tangentopoli, fino al 2006, quando Rosa prende parte al funerale di uno dei suoi clienti più affezionati. Una lettura corrosiva, amara, avvincente e malinconica.

 

La storia di una solitudine. La sua, ma anche quella dei suoi numerosi clienti “uomini che cercano il modo di essere leoni innocui”, perché” l’essere umano ha bisogno di un corpo vicino, di una parola, di un’attenzione ogni tanto, come guardare le stelle senza fare troppe domande”.

Sul letto di una prostituta ci si abbandona, si è nudi non solo dei vestiti e Rosa questo lo ha capito bene, perché lei li osserva i suoi clienti e per loro è speciale. Nello sviluppo del romanzo si scopre che Rosa ha avuto un figlio a sedici anni con il quale vorrebbe ritrovarsi e che per lei diventerà un’ossessione, l’unico modo per riannodare i fili della propria esistenza.

“Beato chi riesce a seppellire le proprie vergogne, povero e disperato chi le mette in tasca”.
“Si sono tutti ammalati in questa storia nessuno escluso”.

Recensione di Luisa Ciccone

 

Recensione 3

Piera è una donna di sessantaquattro anni e sta partecipando al funerale di Aldo, uno tra i suoi più assidui clienti. Con la sua morte finisce ufficialmente, dopo cinquant’anni, la sua lunga carriera di prostituta. Carriera iniziata negli anni Cinquanta, in una Torino in forte espansione, che cerca di alzare la testa dopo la guerra. Torino, l’unica città che Rosa, questo è il nome con cui tutti la conoscono, abiterà. L’unica città in cui sa dove e come muoversi.

 

Rosa inizia il mestiere appena adolescente, in casa con la madre, che le insegna la professione. C’è tanta miseria, e dopo la nascita del figlio, che sarà costretta ad abbandonare e che segretamente seguirà a distanza, inizia la sua emancipazione, partendo dall’unica cosa che sa fare: la prostituta.
Forse Rosa non ha altre possibilità, non ha altre vie di uscita, ma nemmeno le cerca. Quello che fa, le piace, dopotutto.

Ora, che una vita intera è passata, che il mondo è cambiato e lei con esso, Rosa si guarda dentro e si guarda intorno.
Per capire cosa le è rimasto.
Per capire se può tornare ad essere Piera.
Per capire se può essere una madre.

Senza nessuna censura, in una scrittura necessariamente cruda e spiazzante, Schiavone costruisce una figura di donna sincera, forte, pigra, ricca, sola, libera o illusa di esserlo stata. La sua vita attraversa cinquant’anni di storia italiana, che però rimangono un po’ in ombra, nascosti. Forse per dare più risalto a Rosa, un personaggio scomodo, ma talmente vero e schietto che, proprio per questo, finisci per apprezzare.

Recensione di Chiara Castellucci

 

DOLCISSIMA ABITUDINE Alberto Schiavone

 

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