

Esattamente il 12 settembre del 2008 David si è tolto la vita forse perché “lo fecondò la crisi di un’epoca, il passaggio di due millenni, e il suo corpo non resse l’impatto”.
Ho conosciuto David grazie al suo più grande capolavoro, la sua opera più ardita, almeno per me, Infinite Jest. Da allora non sono più uscita dal suo mondo, un mondo che descrive con una scrittura fitta, densa, immersiva, senza appigli, che istintivamente ad un primo impatto è odiosa ma che poi in realtà attrae e affascina.
Nelle sue storie, che siano romanzi che siano racconti, non si trova rifugio, ma una realtà aumentata in ogni dettaglio, anche insignificante, in maniera quasi ossessiva, come essere bombardati dallo stesso suono ripetuto all’infinito. Eppure quando pensi di essere vittima di un vero e proprio supplizio ecco che David ti colpisce con episodi epifanici così potenti che non abbandoneranno più il tuo bagaglio di esperienze umane e letterarie.
Oggi voglio ricordarlo con questa raccolta di racconti che ho finito di leggere qualche settimana fa, ma che ho dovuto meditare, come mi succede con molti suoi testi.
Si tratta dell’ultimo opera narrativa pubblicata in vita, nel 2004.
In quasi tutti gli 8 racconti il tema del suicidio, palese o latente, è presente. In ogni racconto viene descritto in maniera molto lucida e dettagliata tutto quello che in una mente umana precede il punto di rottura.
I suoi racconti non lasciano scampo: annientamento, svelamento di un tragico dolore, distruzione di ogni speranza, sgomento e sofferenza…”ecco cosa succede quando non fai attenzione: muori male”.
David però non ci mette in guardia, non palesemente almeno, ma ci fornisce delle lucide osservazioni sulla gravità della vita.
Raccoglie i peggiori difetti umani e ce li propone magistralmente ad uno ad uno: imbecillità, codardia, superficialità, avidità, bruttezza d’animo.
E poi ci lancia una sfida: lasciare che facciano parte della nostra esistenza rendendola squallida oppure farne uno sprone per un risveglio dell’anima.
Leggere David è spesso un’esperienza quasi fisica, spesso insostenibile, se lo si legge con testa cuore e pancia. David stravolge, David schiaffeggia, David ci obbliga a guardarci dentro e soprattutto a guardarci intorno, ma è per me sempre e dico sempre un risveglio della coscienza spesso addormentata e assuefatta allo schifo del nostro tempo, una coscienza che osserva un precipizio e capisce di poter scegliere alla fine di non saltare.
Grazie David!
Buona lettura
Recensione di Cristina Costa
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