PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA 1926: Grazia Deledda “per la sua ispirazione idealistica, scritta con raffigurazioni di plastica chiarezza della vita della sua isola nativa, con profonda comprensione degli umani problemi”
CANNE AL VENTO, di Grazia Deledda
In un’atmosfera magica dai contorni fiabeschi e talvolta gotici si muovono questi personaggi creati da Grazia Deledda.
In una Sardegna d’altri tempi, legata alle tradizioni e alla cultura contadina, vivono come protagonisti il servo Efix e le sue amate padrone.
In una casa, circondata da un podere descritto come un luogo paradisiaco, continuano a vivere tre sorelle appartenenti alla nobiltà, ma cadute in disgrazia dopo la morte del padre.
Non potendo permettersi la vita di prima, sono rimaste sole in questa casa, in compagnia del loro unico servo Efix.
Egli è ormai anziano, ma decide di restare al loro fianco anche senza ricevere lo stipendio.
È proprio lui che incontra il lettore sin dalle prime pagine, immerso nei suoi pensieri in questo paesaggio meraviglioso e nel quale prendono vita anche le superstiziosi e le credenze dell’isola.
La storia è quella di una colpa commessa e di un bisogno di redenzione e perdono.
È come se la colpa attraversasse il romanzo, cadendo ora su un personaggio, ora sull’altro ma fosse quasi impossibile da espiare.
Nonostante il bene compiuto, i personaggi della Deledda sembrano non trovare modo di espiare le colpe commesse.
Talvolta esse passano di generazione in generazione e questa credo sia una riflessione molto vera per gli esseri umani.
Le colpe commesse dai padri arrivano ai figli ed essi poi devono darvi risposta e soprattutto cercare di perdonare e perdonarsi.
Ma forse la cosa più difficile non è essere perdonati, ma perdonare se stessi.
Questo è a mio avviso il messaggio di questo romanzo.
Il lettore resta accanto a questo servo che assiste le tre padrone cadute in disgrazia come un padre, non da servo.
Recensione di Simona Stefanelli
LA MADRE, di Grazia Deledda
Sono una madre. Sono una donna anziana, divenuta madre senza essere stata troppo amata dal suo uomo. L’amore? Non so cosa sia. Un mio zio , molto più grande di me, mi ha voluta in sposa senza che io capissi neanche cosa significava una cosa così.
Eccomi qui…Sono madre.
Non mi sono mai considerata né bella né brutta, anche se credo in gioventù di non essere stata brutta.
Ma questo non conta.
Ho rinunciato a tutto di me per far crescere il mio Paulo, mio figlio, la luce dei miei occhi.
Ora lui è un adulto ed io sono solo un’anziana madre…Eppure non lo lascio solo. Paulo è diventato sacerdote, con mia grande soddisfazione. Per delle persone povere come noi, in questo paesino sperduto, quale altra strada avrei potuto volere per lui? L’ho voluto prete. Ho desiderato che diventasse sacerdote, un uomo degno di rispetto e stimato da tutti.
Ho lavorato come sguattera nel seminario perché diventasse prete . Ecco, le vedi le mie mani consumate dalla fatica? !
L’ho fatto per lui.
Ora siamo qui, ancora una accanto all’altro . Io continuo a vegliare su di lui. Però c’è qualcosa che mi preoccupa… Il vecchio parroco deceduto mi è apparso davanti, proprio in casa mia. No, non era un sogno. È accaduto veramente! Dicevo che mi ha detto che ci avrebbe cacciati via da questa chiesa! Che segno sarà mai questo?
E poi ho scoperto che mio figlio si incontra di nascosto con una donna. Oh Gesù…E che ne sarà di lui? Questo è il Diavolo che lo tenta…Devo salvarlo a tutti i costi.
Commenta per primo