Ci sono romanzi che io definisco “di superficie”: LA PORTALETTERE è uno di questi

Ci sono romanzi che io definisco “di superficie”: LA PORTALETTERE è uno di questi

LA POTALETTERE, di Francesca Giannone (Nord)

 

Permettetemi di dire la mia.

Ci sono romanzi che io definisco “di superficie”.

Sono quelle storie che prendono spunto da personaggi realmente esistiti e da questi, maglia dopo maglia, vengono creati eventi e situazioni ad hoc definite perlopiù esigenze narrative.

Ne escono fuori storie modificate e rimaneggiate per esaltare luoghi dimenticati, aspetti di vita quotidiana, aprire cassetti impolverati.

Così come si fa con i i ricordi che acquistano sempre, nella mente di ognuno di noi, un sapore nostalgico e malinconico dalla sfumature dolciastre anche nel dolore e nella morte. Trasfigurazioni del passato.

Sono romanzi che hanno il potere di catturare l’immaginario collettivo e rendere l’esistenza meno amara.

Sono romanzi che non vanno oltre, non trivellano, non scavano, si lasciano scorrere nei dialoghi creati secondo cliché definiti e adattati alle circostanze; negli intrecci, intrighi e passioni perlopiù dal sapore romantico.

C’è il buono e il cattivo, l’impavido e il codardo, l’incompreso e il compreso. Tuttavia, nella somma, tutti i personaggi risultano comprensibili e perdonabili e ruotano in una buona sceneggiatura da schermo: belli, brutti, buoni e cattivi.

Così, come “I leoni di Sicilia” e il suo seguito, anche “La portalettere” è un romanzo di superficie.

È non un termine negativo, perché è questa la funzione di queste letture: non hanno bisogno di richiedere alcun sforzo, nessuna riflessione, scorrono da sé in un tempo definito, anche negli sbalzi temporali, e uno spazio circoscritto.

Detto ciò “La portalettere” di Francesca Giannone è una bella lettura che piacevolmente si trascina come un treno in binari definiti.

Un treno colorato in cui la fantasia e l’immaginazione ovattano i rumori violenti della vita, sfumano gli orrori e le miserie ergendo i personaggi in una cornice da fiaba.

Tutto è perfetto nel piccolo e incantevole paesino di Lizzanello, con i suo limiti e suoi pettegolezzi, sconvolto dall’arrivo della rivoluzionaria Anna, donna perfetta venuta del Nord che parla e legge anche la lingua francese, nonché la prima portalettere in veste femminile.

Banale? No. Se si legge con l’animo in superficie, direi proprio di no: sa di buono.

Già, un peso piuma.

“Sai, tutte le volte che cercavo una risposta, sapevo di trovarla nei libri. È sempre stato così” disse lei, con la voce rotta.
E invece stavolta…”
-stavolta non la trovi…” continuò lui.
“Già”
-“Ti capisco. Io non sono più riuscito a leggere nemmeno una pagina. Come se già sapessi di non trovare conforto. Eppure ci sono scrittori che nel dolore hanno affondato le mani, e sono stati capaci di raccontarlo con assoluta sincerità”

Recensione di Patrizia Zara

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