Considerazioni sulle polemiche causate dal caso letterario di Giulia De Lellis
Le corna stanno bene su tutto. Ma io stavo meglio senza, di Giulia De Lellis con Stella Pulpo
Vorrei dire la mia sul mare di polemiche relative al libro di Giulia De Lellis. Non la conoscevo, sono stati i miei studenti a parlarmene, e ho approfittato per discutere con loro di questo caso editoriale.
Anzitutto, non comprendo chi ancora si stupisce riguardo al fatto che alcuni personaggi (nati da reality o direttamente dal web) possano attrarre migliaia se non milioni di persone che decidono di seguirli e rispecchiarsi in essi. Si chiama varietas: e siccome il target è composto da giovanissimi – e nessuno si scandalizza se un ragazzino si rispecchia in Cristiano Ronaldo o in Ligabue – non vedo perché stracciarsi le vesti per fenomeni di altro tipo. Manco si trattasse di Pablo Escobar, voglio dire.
Ora, il libro, perché è diventato un caso.
1) Prima di tutto, tratta un tema universale (il tradimento), profondamente sentito, che dal rapimento di Elena in poi ha imperversato nella letteratura, nella filmografia e nella vita reale di ogni popolo. Che provoca emozioni, reazioni, paure. E quindi sentimenti.
2) Poi, tecnicamente, il titolo è azzeccato: ammiccante, autoironico, e la copertina spicca tra le altre. È marketing.
3) Il libro denuncia un dolore, un dolore che coinvolge tante persone: che magari l’hanno subito o che temono di subirlo.
4) L’aspetto voyeuristico: queste persone consentono al pubblico di entrare nelle loro vite attraverso la fotocamera dello smartphone; e questo non fa che solleticare la curiosità del grande pubblico.
Questo, per quanto riguarda le ragioni del successo. Ora, invece, riguardo alle polemiche lette sul web:
1) “Mondadori non è una casa editrice seria”. Indignarsi perché una casa editrice pubblichi un libro non “intellettuale” mi sembra un’assurdità, in quanto il mercato editoriale è fatto, come ogni mercato, di domanda e offerta, e dunque di vendite. Di conseguenza, senza vendite, neanche i grandi libri potrebbero mai essere pubblicati. Specie se non esistessero casi editoriali (condivisibili o meno) da centinaia di migliaia di copie. Un libro bellissimo, che vende 1000 copie, non potrebbe essere pubblicato da nessuna casa editrice senza che un altro libro, magari scarso, ne venda 100mila. Perché nessun editore potrebbe sostenerne i costi.
2) “Come siamo passati da Manzoni a tutto ciò?”. Questa mi fa ridere. Non è esiste un’argomentazione su questa obiezione. Non si possono mettere sullo stesso piano le due cose. Inoltre – non è questo il caso – nel corso dei secoli anche grandissimi autori sono stati tacciati di dedicarsi a generi bassi (si pensi a Boccaccio e alla novella, o alla commedia, che oggi invece è un genere di tutto rispetto). Qui non c’entra né Manzoni né altro: è un caso editoriale perché i giovani decidono di comprarlo. Poi si può riflettere sul perché preferiscano questo al Giovane Holden, ma credo che siano discussioni di lana caprina.
3) Queste polemiche non sono nuove, è la storia che si ripete. Ricordate Moccia, o Melissa P., o le Sfumature di qualcosa? Io penso che fare gli altezzosi sia sbagliato. C’è sempre qualcuno che denigra, ma la sostanza è semplice: se non mi piace un prodotto, non lo compro. Amen. Che senso ha offendere chi lo fa, e soprattutto: perché polemizzare in modo sterile, anziché riflettere?
4) Inoltre, se una cosa non ti piace, e ne parli, non fai altro che pubblicizzarla. Ti conviene?
5) Infine, una cosa che non capirò mai. Gli scrittori – aspiranti scrittori – che tirano fuori sempre la medesima lamentela: ovvero, la loro opera mirabolante – che rappresenta la quintessenza del sapere letterario – non viene considerata dai grandi editori; allora com’è possibile che questi libercoli abbiano tanto successo? E giù a parlare di meritocrazia, di complotti, quando invece basterebbe fare un po’ di autocritica. Certo, è più facile dare la colpa agli altri che cercare di comprendere le proprie mancanze, provare a migliorarsi. Puntare il dito contro il governo che alza le tasse, l’editore che non ti pubblica, il professore che non ti capisce, il vigile che ti fa la multa quando poteva chiudere un occhio.
Ebbene, a volte, basterebbe avere l’umiltà di chiedersi se quella multa te la sei meritata; se hai avuto un brutto voto perché non hai fatto abbastanza o se in fondo il tuo libro non è poi così eccezionale come pensi o come ti ha detto tuo cugino. La verità, secondo me, è una: quando non comprendiamo qualcosa – come un fenomeno editoriale – tendiamo a demonizzarla, anziché analizzarla. E preferiamo polemizzare col mondo che non ci capisce, mentre forse, come in questo caso, dovremmo apprezzare il fatto che un libro da migliaia di copie (che se non ti piace, puoi non comprare), permetterà alla casa editrice, magari, di scommettere proprio sul tuo magnifico capolavoro.
Forse ci dovremmo chiedere anche perché libri bellissimi vendono solo 1000 copie. Capire perché sono bellissimi e perché non attirano i lettori. Credo sia questione di educazione alla comprensione e a comprendere quanto il libro ci trasmette. Non ho letto il libro della De Lellis ma non c’è dubbio che il successo sia dovuto al suo nome.