
LA METÀ DELLA VITA, di Terézia Mora (Feltrinelli – novembre 2024)
Sono rimasta colpita dalla profondità emotiva e dallo stile narrativo criptico di questa lettura, caratterizzata da un flusso di pensiero continuo che mi ha permesso di immergermi nella mente della protagonista. Devo ammettere che questo stile non mi è stato facile da seguire: alcune parti sono scorrevoli e avvincenti, altre invece le ho trovate più lente e impegnative. Credo che questo ritmo altalenante, tuttavia, rifletta bene le incertezze, le paure e i desideri della protagonista.
L’impatto che l’assenza di figure di riferimento genitoriali ha avuto sulla vita di Muna mi ha fatto molto riflettere. Cresciuta senza una guida stabile, si perde completamente nella sua inesperienza, impreparata persino ad affrontare le situazioni più comuni. Questa fragilità emerge con forza nelle sue relazioni amorose, in particolare con Magnus. Muna è una donna che confonde l’infatuazione erotica con l’amore, arrivando ad accettare qualunque cosa e annullando se stessa pur di mantenere una relazione che diventa la sua ossessione. La sua mancanza di un esempio di amore sano e di sostegno reciproco la spinge a cercare disperatamente riconoscimento esterno, ma ad un prezzo altissimo.
Nonostante tutto, ho trovato in lei un personaggio complesso e affascinante. Dietro la sua ingenuità e sottomissione, ho intravisto una resilienza e una determinazione che, anche se spesso mal direzionate, la rendono più autentica. Da ammirare la sua lotta per trovare un senso e un equilibrio nella vita, partendo da una condizione di estrema fragilità.
È evidente che la vaghezza narrativa sia un elemento intenzionale per rappresentare lo stato emotivo e mentale della protagonista, che racconta in prima persona trasmettendo un senso di incertezza che riflette la sua difficoltà nel distinguere realtà e confusione interiore.
Questo romanzo porta inevitabilmente a riflettere sul significato dell’amore, l’identità e il senso di sé. Le riflessioni di Muna dimostrano quanto l’assenza di un sostegno stabile possa lasciare un vuoto difficile da colmare e condizionare profondamente le scelte di vita. Una lettura intensa e complessa, capace di stimolare riflessioni profonde sulle dinamiche relazionali e sull’importanza di trovare la propria strada.
Ne consiglio la lettura a chi cerca un’esperienza forte, capace di mettere in discussione le proprie certezze e di far riflettere profondamente sulle dinamiche della fragilità umana.
Qualcuno lo ha letto? Cosa ne pensate?
Recensione di Dafne Murgolo
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