I MALAVOGLIA Giovanni Verga

I Malavoglia G. Verga recensioni Libri e News UnLibro

I MALAVOGLIA, di Giovanni Verga

Lo confesso non ho mai voluto leggere i Malavoglia, neppure al liceo.

Per carità! Tragedie, miseria, ignoranza in un mondo ristretto fra due zolle! Non è cosa mia, pensavo (del resto lo penso ancora ora dopo averlo letto).

La trasposizione di una realtà a me vicina mi ha sempre depresso perché essendo siciliana conosco questi infelici ambienti di superstizioni e ignoranza, non solo culturale. In questi piccoli e ristretti luoghi di paese, d’onore e d’omertà, la tradizione si scontra spesso in maniera disarmonica con i veri sentimenti, sfociando in un crudele cinismo.

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Io, temperamento progressista e rivoluzionario, a leggere l’accanimento delle tradizioni che strangolano, la cattiveria degli ignoranti, la guerra fra poveracci, la condizione di donne prive di volontà destinate a immolarsi, neanche per sogno!

La trama, sicuramente conosciuta un po’ da tutti, di questa famiglia di umili pescatori, stakanovisti (il titolo è l’appellativo contrario allo spirito della famiglia che si ammazza “letteralmente” per un tozzo di pane) che viene investita da una sciagura dopo l’altra, dopo il naufragio della loro barca, la “Provvidenza” (sic!) con il carico dei “famosi” lupini, in un paesello pettegolo dove la questione economica ha il suo peso in ogni cosa, anche nei sentimenti, è uno spaccato di verità.

L’attaccamento alle cose materiali, anche se misere, porterà la famiglia a una rovinosa caduta. E non basta il riscatto della famosa “Casa del Nespolo” del patriarca, Patron ‘Ntoni, da parte del nipote (Alessi), l’unico che seguirà le orme della famiglia, ad addolcire il mio palato di lettore. Pur comprendendo la dolcezza delle immagini trasfigurate nel tempo e nello spazio non ho trovato sollievo nel tanto decantato focolare domestico trovandolo non certo consolatorio ma il peggior giudice.

Che sia un capolavoro non vi è dubbio.

L’impersonalità dell’autore che fa sì che il romanzo si costruisca da sé, non per questo Verga è annoverato fra i maggiori esponenti del Verismo, la struttura vivace ricca di aforismi i quali conferiscono alle varie espressioni colore e concretezza, lo stile quasi lirico affollato da stupende immagini variopinte, i proverbi popolari che a volte si autoannullano, il linguaggio popolare, il tutto fa dei Malavoglia un romanzo di alto prestigio.

C’è tanto da dire sull’ineluttabile destino, sul fatalismo pessimista di questa vicenda d’uomini in un’atmosfera in cui le volontà anche eroiche sembrano perdere valore. Del resto il pessimismo del Verga si espande in altri ambienti con il ciclo dei “Vinti”.
Tenerezza, tristezza, riso amaro, ironia popolare e rabbia in una vicenda la quale è sgombra, già da subito, da ogni vana illusione e che vorrebbe insegnarci ad accettare virilmente la vita com’è, fermo restando, in questo tempestoso mare che tutti dobbiamo correre, una specie di faro nella fedeltà alle origini, alla santità del focolare domestico.
Comunque non voglio né prolungarmi, né perdermi in divagazioni scolastiche.
Ho letto “I Malavoglia” come se fosse un bel romanzo e l’ho trovato grandioso nello stile e nella struttura talmente fedele alla realtà da paragonarlo a un quadro di Monet.

La trama, beh, non vi nego che mi ha molto amareggiata, sicuramente perché malgrado tutto, non mi do per vinta!

“- Avete visto padron ‘Ntoni? – aggiungeva Piedipapera; – dopo la disgrazia di suo nipote sembra un gufo tale e quale. Adesso la casa del nespolo fa acqua davvero da tutte le parti, come una scarpa rotta, e ogni galantuomo bisogna che pensi ai suoi interessi -”

Di Patrizia Zara
I MALAVOGLIA Giovanni Verga
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