È morta a 51 anni Michela Murgia, ci piace ricordarla con il suo romanzo più conosciuto

È morta a 51 anni Michela Murgia, ci piace ricordarla con il suo romanzo più conosciuto

La Murgia ha romanzato la crudeltà della vita: ACCABADORA Michela Murgia

 

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Recensione 1

I temi trattati in questo romanzo, compatto nelle sue febbrili 163 pagine,  sono forti, affondando le mani in tradizioni arcaiche e primitive, eppure non sono questi che ne fanno, a mio avviso, un bel romanzo.

È la potenza della scrittura che mi ha trascinato nella lettura, l’eleganza dei dialoghi in un italiano perfetto, improbabile per i personaggi di una terra, un’isola, la Sardegna, che del “continente” ha molto, molto poco.

La Murgia ha tradotto la sua “terra”, la resa italiana, leggibile, pur sapendo che la “sua” isola natia appartiene a se stessa,  avvolta negli scialli neri delle donne,  sottomesse ma streghe austere che incutono rispetto, nell’ onore sacro degli uomini , schiavi di quei riti sacrificali e dove la morte aleggia, l’unica certezza umana,  evocata attraverso le mani aggrinzite e ossute dell’accabadora per lenire le sofferenze dei corpi  nell’odore acre del silenzio.

Negli accostamenti degli aggetti alle parole che da sole perdono il senso delle cose, emerge negli occhi neri di Maria, fillus de anima della donna della morte, leggibili, per un lettore attento, ogni amara sofferenza.

E nell’ordine imposto dalla Murgia, le case scomposte dalle pareti sgargianti erette frettolosamente per il bisogno di un tetto nell’arida terra irregolare, si muovono le sagome, figure tetre, schiacciate dalle loro leggi, giustizia comunitaria non scritta,  evocata dagli sguardi muti impenetrabili per chi non ha il sangue natio. Sagome segnate dalla nascita già da un passato, un presente, un futuro, tempi circoscritti da confini inaccessibili. “Ognuno nasce con la sua stella” diceva mia madre!

La Murgia ha romanzato la crudeltà della vita, ha smussato il dolore, regalandosi una storia che se fosse stata scritta da Verga, maestro del verismo, avrebbe lasciato l’amaro per molto, molto tempo.

Ma io, figlia di un’altra isola, non sono cascata nei dolci alle mandorle e sono andata oltre il romanzo, scavando a mani nude la terra nera, e ne ho avuto paura.

“Molte cose che credeva di aver lasciato sulla riva da cui la nave per Genova  si era staccata a suo tempo, ritornavano una dopo l’altra, come pezzi di legno sulla spiaggia  dopo una mareggiata”

Recensione di Patrizia Zara

 

Recensione 2

Esiste un velo. Esiste un sottile velo che separa la vita e la morte.

Esiste un confine labile tra queste due dimensioni, tra questi due mondi.

Ecco, questo libro è scritto in modo da porsi sul confine tra questi due mondi.

L’Accabadora è proprio colei che accompagna le persone alla morte, quando la vita non può più essere considerata tale.

Il libro richiama atmosfere misteriose e magiche.

In un piccolo villaggio sardo, la vecchia sarta Tzia Bonaria , conosciuta come L’Accabadora, vive la sua silenziosa vita in solitudine, finché non adotta una bambina Maria.

Si instaura un intenso e profondo legame tra le due .

Ma crescendo Maria dovrà scontrarsi con la funzione di sua madre in questo piccolo mondo.

Riuscirà ad accettarla?

Leggendo il libro mi sono chiesta molte cose riguardo l’esistenza dell’Accabadora.

Una figura che arriva a dare pace quando la vita è diventata dolore.

È un velo quello che separa i vivi dai morti.

Mi chiedo quando sia giusto togliere questo velo.

L’Accabadora si ritiene una madre, colei che interviene e sceglie per la vita degli altri.

Colei che dà pace.

Naturalmente non è provata l’esistenza di una figura come questa, ma se anche fosse esistita probabilmente resterebbe nel mistero , vista la sua funzione.

Un libro che si legge in un giorno.

Una storia singolare con tratti gotici ,che a me è piaciuta molto.

Lo consiglio.

Recensione di Simona Stefanelli

 

Premio Campiello 2010: ACCABADORA Michela Murgia

Premio Campiello 2010: ACCABADORA Michela Murgia

 

 

 

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