
CECITÀ – TUTTI I NOMI – LA CAVERNA, di José Saramago (Einaudi)
Forse perché quello che accade ogni giorno sembra averci già spinto nel futuro distopico immaginato da Huxley o da Orwell, ho ripreso la lettura della cosiddetta trilogia di Saramago, inquietante scenario della condizione umana. Che, per di più, non ci offre – mi si passi il termine – il conforto di pensare che certe cose potrebbero avvenire, se avvenissero, in un futuro molto lontano.
Tutto inizia, come sempre nei romanzi dello scrittore portoghese, da un fatto banale; in ” Cecità” un automobilista fermo ad un semaforo perde improvvisamente la vista trovandosi avvolto da una nebbia bianca e impenetrabile. Con spaventosa velocità il ‘mal bianco’ si diffonde nella città (una città qualunque, senza nome come i personaggi) e nel Paese. Per evitare il contagio le autorità richiudono i ciechi in un vecchio manicomio abbandonato; la coabitazione forzata fa esplodere violenze che in situazioni normali non sarebbero mai emerse. L’unica a non essere contagiata è la moglie di un medico che, fingendo di essere cieca, si fa ricoverare con il marito; la donna osserva e attraversa la follia che si scatena nel vecchio ospedale fino a quando – scomparso misteriosamente com’era apparso il mal bianco – tutto torna alla normalità, ma niente sarà come prima: “…non siamo diventati ciechi…lo siamo, ciechi che vedono, ciechi che, pur vedendo, non vedono”.
Anche in “Tutti i nomi” le vicende sono ambientate in un luogo claustrofobico, la Conservatoria Generale dell’ Anagrafe, dove un solerte impiegato, collezionista di notizie su persone famose, il Signor José, si imbatte nel formulario relativo ad una donna di cui si sono perse le tracce. Trovarla diventa la sua ossessione. Segue ogni indizio per approdare alla conclusione (direi pirandelliana) che noi non esistiamo se non nelle ‘carte’ che riportano i nostri dati.
Storie di gente comune anche ne “La caverna” ed anche qui luoghi claustrofobici: da una parte un territorio devastato dalla povertà e dalla criminalità, dall’altro il Centro, imponente struttura con negozi, cinema, abitazioni, luoghi di divertimento, che gradatamente sta fagocitando i luoghi circostanti. Il vasaio Cipriano Algor, che vende i suoi manufatti al Centro, un giorno si vede rifiutare i prodotti. Per capire i motivi del rifiuto entra nell’enorme edificio con l’aiuto del genero e presto ne scopre i terribili segreti. Ovvie le somiglianze col mito platonico della caverna, ma Saramago non vuole spiegarci la differenza tra immagini e realtà quanto i rischi della reificazione della nostra esistenza e non in un futuro immaginario, purtroppo, ma proprio nel nostro oggi.
Recensione di Miranda Valsi
TUTTI I NOMI José Saramago
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