Letture 2023: vi presentiamo quelle di Valerio Scarcia

Letture 2023: vi presentiamo quelle di Valerio Scarcia

Alle liste preferisco di gran lunga le carte geografiche. Le mappe.

Le srotoli su una superficie piana e le osservi. A metà di un lungo cammino, ti fermi per una pausa, impugni la tua mappa e inizi a esaminarla.

Vale la pena di fermarsi, di tanto in tanto, per rendersi conto della strada che si è fatta, per studiare nuovi tragitti e possibili deviazioni, che possano arricchire il nostro viaggio.

O anche solo per voltarsi indietro e ammirare il panorama.

Ecco davanti ai miei occhi, il mio cammino di lettore in questo anno. Tante piccole immagini che compongono un’unica, grande copertina.

Storie legate ad altre storie, anelli, connessioni…

…tutto inizia con la prima parte di quel grande affresco dell’America contemporanea che è la vita di Frank Bascombe (“Sportswriter” di Richard Ford) e termina con il maestoso “Gli scomparsi” di Daniel Mendelsohn, che mi ha fatto il regalo più grande e inaspettato io potessi mai ricevere: un messaggio di ringraziamento, scritto di suo pugno.

In mezzo, sulla strada, vi sono storie di riscatto e solidarietà, scritte da donne e che parlano di donne (“Resta con me sorella” di Emanuela Canepa, “Il cognome delle donne” di Aurora Tamigio, “La Malnata” di Beatrice Salvioni,”L’invincibile estate di Liliana” di Cristina Rivera Garza, “La Resistenza delle donne” di Benedetta Tobagi – con le sue lacrime di gioia e la mia grande commozione per la vittoria del Premio Campiello).

Ci sono due meravigliosi ritratti femminili, due libri formidabili, scritti da uomini (“Miss Margaret Ridpath e lo smantellamento dell’universo” di Don Robertson e “Le vite di Edie Pritchard” di Larry Watson).

C’è la Roma di Fellini e di Flaiano (“Diario di un’estate marziana” di Tommaso Pincio), ci sono Fellini e Visconti che girano in contemporanea (“La bella confusione” di Francesco Piccolo), c’è “Tempo di uccidere “, unico romanzo di Flaiano, vincitore della prima edizione del Premio Strega.

C’è la Roma Città Aperta e una (vera) storia di grandissima umanità e solidarietà, fra i volti delle suore che offrirono riparo a un gruppo di ebrei (“Il secondo piano di Ritanna Armeni).

C’è la guerra nei Balcani, ci sono i ragazzi di Sarajevo, il trauma della perdita, dello strappo dalla madre e dalla terra in cui si è nati (“Mi limitavo ad amare te” di Rosella Postorino).

Ci sono le dinamiche familiari, le perdite, le tensioni, le paure e le confessioni (“Una famiglia” di Pascale Kramer, “Un giorno di festa” di Joyce Maynard, “Cose che non si raccontano” di Antonella Lattanzi).

C’è l’Umanesimo Religioso (come direbbe Luca Briasco) di quella meravigliosa scrittrice che è la Marilynne Robinson de “Le cure domestiche” e del suo magistrale impianto teatrale di “Gilead“, “Casa” e “Lila“: un universo che è tutto l’opposto del Gotico Sudista di Flannery O’Connor (“Il cielo è dei violenti“) o del fanatismo del personaggio del Predicatore nello splendido “La morte corre sul fiume” di Davis Grubb.

C’è ancora tanta America, quella degli Stati del Sud del primo Faulkner (“La paga dei soldati” e “L’urlo e il furore“); quella nordorientale delle coste del Maine e di un insediamento di quaccheri (“Un altro Eden” di Paul Harding), la New York di inizio secolo nel maestoso “Manhattan Transfer” di John Dos Passos, i suoi virtuosismi linguistici, a cui tanto deve il Robin Robertson de “Un nodo alla gola“, romanzo lirico, scritto in versi. L’America degli ineguagliabili racconti di Malamud…

…e ancora l’America delle feroci battaglie fra Esercito e tribù indiane(“Il crinale” di Michael Punke) e dell’incompiuto western metafisico “Il Popolo” di Bernard Malamud; l’America dei “Racconti dell’Ohio” di Sherwood Anderson (il “padre di tutti noi” – come lo definì Hemingway) e quella delle grandi paure (“Rumore bianco” di DeLillo), dei conflitti razziali e delle violente rivolte (“Il collettivo del sole” di Charles Baxter e “L’anno in cui bruciammo i fantasmi ” di Louise Endrich).

C’è la scrittura portentosa di Tiffany McDaniel, il suo mescolare alto e basso, umano e sovrannaturale (“Sul lato selvaggio“).

C’è il grande cantore dell’Ovest, erede di Steinbeck, impareggiabile narratore di storie (“Il canto del lavoro” di Ivan Doig).

C’è, per me, il più bel McEwan di sempre, in quella imponente cavalcata nella Storia recente che è “Lezioni“.

C’è l’ultimo, attesissimo, commovente Paul Auster (“Baumgartner“).

C’è la Procida de “L’isola di Arturo“. C’ero io, su quelle spiagge, mentre leggevo il libro proprio lì, su quell’ isola, su quelle spiagge…

C’è l’amore raccontato da Scott Spencer, l’amore in tutte le sue declinazioni: quello folle, furioso (“Un amore senza fine“) e quello incondizionato, che nulla chiede in cambio (“Un oceano senza sponde“).

E poi di qua dall’Oceano, in compagnia di alcuni miei carissimi amici (e qualcuno nuovo): dalla Milano rampante di una famiglia dal blasone imponente (“I Monteleone” di Lucia Tilde Ingrosso) a quel viaggio sentimentale nella Napoli dello Scudetto (“M’innamorai di te” di Giuliano Pavone), passando per una Bologna futuristica e irriconoscibile (“Il lettore dell’acqua” di Silvia Tebaldi), per la magia senza retorica dell’Appennino di Sandro Campani (“Il giro del miele” e “Alzarsi presto“), e ancora l’avventura pirotecnica di Arcangeli investigatori, in quel sorprendente giallo surreale che è “Pluriball” di Gianfranco Mammi, passando ancora per l’esordio di Paolo Massari, il lungo monologo sulla perdita che è “Tua figlia Anita” e quel meraviglioso oggetto multiforme, quella contaminazione di generi e stili che è “Buio padre” di Michele Vaccari, per concludere con una storia di tenera amicizia giovanile, il commovente e graffiante “Un giorno tutto questo finirà” di Domenico Ippolito.

Il compianto Ernesto Ferrero ha fatto in tempo a lasciarci un luminosissimo ritratto di Calvino (intitolato, semplicemente, “Italo“) prima di andarsene per sempre. Rimarranno le sue parole, preziose, perfette, nel racconto di quell'”avventura di felicità ” che è stata, per lui e per tanti altri grandissimi come lui, l’avventura in Einaudi.

E poi la straordinaria penna di Matteo Nucci, la sua esplorazione dei Miti (“Il grido di Pan“).

Infine, quello che è il più bel libro che abbia letto in questo anno: “ ” di Daniel Mendelsohn.

Ma ne ho scritto e parlato fin troppo, in questi mesi, quindi prometto di non farlo più….almeno fino alla fine dell’anno.

Di Valerio Scarcia

L’isola dei tesori, dove gli animali sono preziosi

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