L’URLO E IL FURORE, di William Faulkner
Una saga familiare raccontata a più voci, mediante un complicatissimo gioco di intrecci e lunghi monologhi di discorso indiretto libero; le voci narranti sono quelle di Benji, il fratello ritardato e privo di senso del tempo, di Quentin, psicologicamente instabile e ossessionato da una passione incestuosa che lo condurrà al suicidio, di Jason cinico, materialista e disperato; a far loro da contraltare la domestica Dilsey, vero nume tutelare di questa famiglia del sud un tempo ricca ma ora indebitata, nella quale il padre è un debole ubriacone, la madre è una nevrotica ipocondriaca e Caddy l’unica figlia – della quale non udiamo la voce diretta – ha condotto una vita fuori dalle convenzioni, incapace di trovare sollievo dal rimorso del suo ambiguo rapporto con il fratello Quentin, nome che ha scelto per la figlia avuta in gioventù fuori dal matrimonio e per tanto affidata alle poco amorevoli cure di Jason.
La vita come “un racconto detto da un idiota, pieno di urlo e furore, che non significa nulla”:così Faulkner intende la narrazione di questa cupa e disperata saga familiare, raccontata con la sua caratteristica prosa spezzata, dominata da lunghi periodi nei quali il flusso di coscienza travolge come un fiume in piena, forse eco di quel Mississippi sulle rive del quale lo scrittore trascorse la sua giovinezza e che compare sullo sfondo di tante sue opere; la struttura del romanzo lascia il lettore in balia dei tormenti interiori dei personaggi, lasciandogli anche il faticoso compito di organizzare le singole scene nelle quali è articolato il romanzo, in sequenze cronologiche che diano un senso agli eventi narrati.
L’urlo e il furore descrive un’umanità disperatamente feroce, sullo sfondo di quel Sud – tanto amato da Faulkner – del quale arriviamo a percepire l’arsura e la polvere, mentre in sottofondo si ode costante “l’urlo”di Benji, incarnazione dell’idiota shakespereano che lamenta la decadenza dell’impianto morale, un tempo vanto di quella società del Sud ma ora rappresentata dai non esattamente esemplari protagonisti del romanzo, e il “furore” di Jason, collericamente e ostinatamente aggrappato a un passato irrimediabilmente perduto e che , unico, si illude di poter restaurare: i pochi accenti lirici del racconto, toccanti proprio perché rari, sono riservati al tenero affetto di Caddy per Benji e si caricano di disperata passione quando affrontano il sentimento di Quentin per la sorella.
L’urlo e il furore è un capolavoro di tecnica narrativa, di concezione letteraria ma richiede un impegno non comune da parte di chi intenda intraprenderne la lettura: non adatto a lettori occasionali, costituisce una sfida per lettori esperti e appassionati.
Recensione di Valentina Leoni
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