STRAMONIO, di Ugo Riccarelli (Einaudi)
Lo stramonio è una pianta selvatica che cresce vicino ai ruderi, in luoghi abbandonati; è conosciuta come erba del diavolo perché, pur essendo terapeutica, risulta altamente velenosa se assunta in dosi massicce. E Stramonio è il soprannome che il signor Lupo dà a Paolino, diciottenne appena diplomato la cui la vita si è improvvisamente complicata. Il signor Lupo, capogruppo della seconda squadra del Primo Reparto dell’A.R.I.A. (Azienda Rifiuti Inquinamento e Ambiente) prende sotto la sua ala protettiva quel ragazzino che non raggiunge il metro e mezzo, silenzioso e diligente, ma che sembra avere dentro qualcosa in grado di scatenare una burrasca.
Tra i due nasce rapidamente un’amicizia.
A Stramonio dispiace solo che il signor Lupo sembri non apprezzare particolarmente le parole del signor Hrabal (Bohumil Hrabal, Una solitudine troppo rumorosa): “desiderio, volontà e anelito, vero scopo della nostra vita”, che lui invece sente profondamente vere. Ma presto scoprirà che forse non era così.
I romanzi di Riccarelli mi fanno un po’ l’effetto che mi fanno i romanzi di Tabucchi; mi riscaldano il cuore.
Solo un po’ naturalmente, le differenze sono enormi. Eppure la scrittura bella e accurata, il continuo dialogo dei personaggi con se stessi, il senso etico che ne muove le azioni, sono tutte caratteristiche che apprezzo moltissimo in un libro e che mi sembra li accomunino.
Questo è un romanzo di formazione, pieno di vita e di cose belle (malgrado la vita stessa), penso che possa piacere a molti.
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