IL MINOTAURO Benjamin Tammuz

IL MINOTAURO, di Benjamin Tammuz (E/O)

Ultimamente starò dando l’impressione di essere un “entusiasta a prescindere”…ogni libro che leggo è bello, bellissimo, da togliere il fiato e compagnia bella.

Potrebbe sembrare che io abbia smarrito la mia capacità di giudizio o di critica…

Ed invece no.

È proprio così!

Prendete questo romanzo, per esempio, e vi sfido a dirmi che non sia una piccola perla, che Tammuz non sia stato in grado di raccontare con grande maestria una storia dalle mille sfaccettature e dai diversi piani di lettura: un romanzo epistolare, ma anche una storia d’amore, ma anche una sorta di spy-story, ma anche un romanzo di formazione, ma anche un affresco storico di Israele a cavallo della seconda guerra mondiale.

Insomma tanta roba, e di qualità.

Una grande storia d’amore, tanto più grande quanto più desiderata, senza essere vissuta: siamo al di là del possesso fisico, siamo in una dimensione astratta in cui tutto è basato sulle parole…e sul destino.

Già, perché un uomo fatto solo di parole scritte sulla carta è indistruttibile.

Nessuna realtà sarà mai in grado di sconfiggere un sogno e nessun uomo ancora vivo potrà mai vincere un fantasma.

Thea e Aleksandr si trovano e si amano su un piano astratto, dove soltanto le anime riescono a sfiorarsi, a toccarsi, senza più alcun legame con il corpo.

Sarà poi questo il segreto del vero amore?

Lui, 41 anni, agente segreto israeliano.

Lei, 17 anni…l’incarnazione perfetta del suo “sogno”.

Un banalissimo incontro su un comunissimo autobus darà il via ad una storia che di banale e comune non ha proprio nulla.

“Da quando ho memoria di me, io ti ho cercata.

Mi era chiaro che tu esistevi, ma non sapevo dove.”

C’è l’amore per la musica…e la teoria dei tre cerchi concentrici, per arrivare a coglierne davvero l’essenza (e conseguente parallelismo con l’amore).

E ancora l’amore per la propria terra, Israele, il suo esserle fedele al di sopra di ogni cosa, il volerla vendicare…e allo stesso tempo ritrovare nel “nemico” quel gusto dolce della propria infanzia, dei baci ricevuti, quel senso di malinconia per un affetto perduto.

Questo e tanto ancora (riferimenti biblici, quadri di Picasso, Franz Kafka…), in questo romanzo dalla struttura originale, che passa dallo scambio epistolare all’analisi di quanto accade attraverso diversi punti di vista, ovvero attraverso gli occhi dei tre uomini che si sono innamorati di Thea.

Ed è proprio alla luce delle diverse prospettive che ti ritrovi a riflettere sul potere del destino, del caso e dell’attesa.

“L’attesa dell’incontro” pervade tutto il libro e ti seduce come un navigato rubacuori.

In ultima analisi, però, io direi che questo è un romanzo sulla solitudine e sui sogni infranti: quelli d’amore e quelli su una agognata pace mediterranea.

Recensione di Antonella Russi

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