PERCHÉ LEGGERE LA METAMORFOSI, di Franz Kafka
Perché?
Perché è la domanda che tanti di voi formuleranno per capire il motivo di questa lettura, oggi.
Perché è anche la domanda che si fa il lettore riguardo alla metamorfosi del giovane protagonista, Gregor, o Gregorio, come lo traduce Anita Rho nella traduzione da me scelta.
E perché leggere la traduzione della Rho e non altri traduttori più recenti?
Infine un ultimo perché: perché davanti a un capolavoro mi sento sempre inadeguata e incapace di parlarne?
Sono quattro i perché e cercherò di districare la matassa nell’ordine. Ma inverso.
Parto da me. Dalle mie paure e sensazioni di inferiorità rispetto alla critica accademica e erudita che ormai da più di un secolo ci parla della “Metamorfosi” kafkiana. E qui lo ripeto. Sempre avverto di non saperne abbastanza per scrivere di un libro. Ed è per questo che non chiamo recensioni i miei scritti su libri, ma consigli di lettura. Tuttavia con Kafka mi sento ancora inadeguata a parlarne. Anche sotto forma di consiglio. Per sfuggire a questo mio limite, chiudo gli occhi e mi concentro su di me. Sul rapporto fra me e il libro. Cerco di dimenticare il giudizio. Cerco di creare una relazione. Se ci riesco, mi sento salva. Sul tema della relazione ritorneremo più avanti che è un nucleo centrale della metamorfosi kafkiana, ma ora rimaniamo concentrati sulla matassa dei perché.
Anita Rho ha il pregio di essere stata una donna piena di fascino e talento e di aver vissuto la lingua tedesca in un momento critico, dove la guerra divideva anche linguisticamente. Antifascista, germanista, veneziana visse a Torino nella casa della zia, Barbara Allason, punto di ritrovo per intellettuali dissidenti come Leone Ginzburg, Giuliana Segre e Benedetto Croce. La Rho partecipò attivamente alla Resistenza, distribuendo materiali di propaganda antifascista, fu anche arrestata nel 1934. La sua traduzione rimane ancora oggi una delle più valide. Le sue scelte possono essere datate come si denota nella scelta di italianizzare il nome proprio del protagonista, ormai chiamato da tutti Gregor e non Gregorio. Però per il resto la traduzione rispecchia lo stile kafkiano e realista, inoltre Anita Rho non se l’è cavata male trovando soluzioni sempre brillanti nel tradurre una lingua complessa e metaforica come il tedesco. Soltanto la prima frase è densa di problematiche: nella versione originale, Gregor si sveglia trasformato in un mostruoso “Ungeziefer”. Questa parola deriva dal tedesco antico, e indicava, in epoca medievale, un animale non meglio identificato, un “insetto” qualsiasi. La vaghezza delle parole testimonia una scelta narrativa ben precisa da parte di Kafka, il quale è noto non volle che sulla copertina del libro ci fosse un riferimento esplicito alla bestia. Kafka voleva che fosse il lettore a immaginarselo.
Ed eccoci arrivato al successivo perché. Perché Gregor si trasforma in un “insetto mostruoso”? La risposta non sembra emergere dal racconto che è un anti-mito e Franz Kafka non descrive il motivo di questa trasformazione. I personaggi non si chiedono perché è avvenuta, tutti la accettano passivamente. Gregor diventa motivo di vergogna per i suoi familiari e lui non fa niente per cambiare questa situazione, spera solo che un giorno tutto possa ritornare come prima. Gregor da persona positiva si trasforma in un enorme insetto, differente dai miti greci dove era il cattivo a trasformarsi; il suo vero io si manifesta in qualcosa non solo di diverso ma di repellente fino a perdere tutte le caratteristiche umane. La metamorfosi è la reazione del figlio che si ribella e sfugge all’immagine che la società e la sua famiglia piccolo borghese gli hanno appiccicato addosso.
“La Metamorfosi” è anche un anti-fiaba: Kafka infatti inserisce nel suo racconto delle tematiche che servono proprio a contrapporsi alle fiabe, come alla favola “La bella e la bestia” dove la protagonista femminile innamorata libera il principe dall’incantesimo. Nel testo kafkiano la protagonista femmina che è la sorella lascia morire Gregor nella sua condizione di bestia.
In questo modo diventa una protesta contro la vita e contro la famiglia. La storia narrata nella metamorfosi si può paragonare alla vita dell’autore. Compaiono dei temi che sono stati fondamentali, anche se in negativo, per la vita di Franz Kafka, come l’alienazione e spersonalizzazione dell’individuo, il rapporto problematico padre-figlio, il personaggio insetto e il senso di angoscia. Kafka ha provato sulla propria pelle tutte queste cose a partire dall’alienazione: egli non riusciva a trovare un posto nella società e sentiva di non appartenere a nessuno dei gruppi presenti nella sua città. Molto importante è anche il contrasto culturale all’ interno della sua famiglia. Il rapporto con la figura paterna è stato difficile, testimoniato anche dalla “Lettera al padre”, una lettera nella quale accusa il genitore come fosse sotto processo (anche se in realtà Franz non la fece mai leggere al padre). Il fatto che Gregor si sia trasformato in un insetto lo si deve all’idea dell’autore, che si sentiva così pensando alla burocrazia: egli infatti lavorava come assicuratore per gli infortuni e doveva quindi osservare impotente un apparato burocratico implacabile. E a Franz capitava di sognare di essere un insetto che, nascosto sotto le coperte, si sottraeva alla macchina implacabile del lavoro burocratico.
Insomma come dice Giuliano Baioni nell’introduzione bilingue della Bur Rizzoli:
«Alla fine tuttavia la valutazione morale o moralizzante si insinua in un racconto che senza alcun dubbio rappresenta la metafora più clamorosa dell’alienazione di un mondo che con la sua sporcizia ha prodotto l’insetto e con i suoi rifiuti ne ha alimentato l’esistenza».
Kafka decide di fare morire l’insetto e ora sta al lettore decidere cosa rappresenta questa morte oggi. Un suicidio passivo o un omicidio collettivo? E allora mi viene in mente Greta Thunberg e la sua denuncia. Il mondo oggi produce rifiuti che non sa più distruggere. I politici si comportano esattamente come gli assicuratori sotto il mirino di Kafka. Ci troviamo davanti all’incapacità di impedire una metamorfosi analoga dei figli futuri e presenti, costretti a una sorte decisa passivamente da chi sostiene con le proprie non azioni chi ha deciso di non intervenire per impedire – o perlomeno limitare – la catastrofe climatica. In un mondo simile le relazioni diventano metafora vera di ecosostenibilità (Greta Thunberg) e di integrazione del diverso che senza una giusta ricollocazione delle migrazioni sempre esistite nella storia dell’uomo, l’uomo si aliena da se stesso e quindi muore (passivamente) incapace di fare altro se non soccombere alla vile mancanza di humus vitale.
Perché Gregor muore anche per la mancanza di relazioni umane. Infatti se vi ricordate, la sorella impedisce alla madre di relazionarsi con il figlio in metamorfosi, e quando a metamorfosi altresì avvenuta per lei, ormai attratta dal futuro borghese e gradevole, il cui rifiuto ha trasformato suo fratello in un essere non umano decide di “farlo sparire”.
È solo una bestia non più un essere umano. Deve morire. Muore. E così effettivamente l’umano sparisce. Ma non solo per chi muore. Anche per chi resta.
I consigli de lCaffè Letterario Le Murate Firenze, di Sylvia Zanotto
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La metamorfosi Franz Kafka
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