PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA 1924: Wladyslaw Stanislaw Reymont – “per il suo grande romanzo epico, I contadini”
Occhieggiato nel settore ‘svuotacantine’ della libreria che frequento in città, Angela, la titolare ed amica, me ne consiglia caldamente la lettura. Un titolo del genere, seppur semi sconosciuto, merita in effetti, più di qualche attenzione.
Per esempio, l’autore è uno dei cinque scrittori polacchi, tra cui è compreso anche Isaac B.Singer che però scrive in yiddish, vincitori di premio Nobel.
Il sottotitolo che definisce il romanzo è ‘Una Fiaba’ ed è quantomeno fuorviante; e ancora, il libro è un inedito in Italia. Proposto nel 2018 dai tipi di Edizioni Della Sera nella loro collana I Grandi Inediti, è appunto alla sua prima traduzione nostrana. È l’ultimo libro dell’autore, scomparso dopo poco, nel 1925, giusto in tempo per essere premiato in Svezia, ed è un unicum nella sua opera per stile e tematica. Questa edizione presenta un’ampia introduzione curata dalla traduttrice Laura Pillon, che è preziosa per entrare nel mondo di Reymont, per conoscerne la poetica, la biografia, il suo ruolo nel mondo letterario polacco, e nello specifico, per capire che tipo di accoglienza critica questa opera ha ottenuto fin dalla sua pubblicazione e delle polemiche sia letterarie che politiche che ha scatenato.
Il romanzo viene accostato al lavoro di scrittori come Kipling e London, che nelle loro opere trattano del mondo animale, e, per tematica simile, anche alla fattoria di orwelliana memoria, che però verrà pubblicato venti anni dopo.
Visto che è gratis, mi permetto di azzardare un ulteriore accostamento, meno pertinente ma dal sapore affine, alla leggenda giapponese dei 47 ronin che rifiutano di arrendersi allo shogun, dopo che questi, ha condannato e costretto il loro daimo, reo di un aggressione a corte, al suicidio rituale, giudicando ingiusta la punizione è votandosi di fatto alla sconfitta.
Qui il cane Rex, dopo la morte del suo padrone umano è costretto a subire le ingiuste percosse dei contadini presenti nella fattoria dove svolge il ruolo di guardiano. Non comprende la ragione dell’odio di cui è oggetto, per un po’ sopporta poi esasperato, si rivolta, attacca gli umani e fugge. Aiutato da un ragazzo muto con cui però comunica, Rex si cura le ferite delle botte subite, e in questo frangente, nel delirio della guarigione, ascolta i canti poetici delle gru, in Giappone simbolo di lealtà e pace(e due), che narrano di terre rigogliose dove vivere liberi; decide dunque di partire per raggiungere la terra promessa.
Convince gli altri animali sfruttati dagli uomini a ribellarsi e di unirsi a lui nella lotta e nella ricerca di un luogo dove creare la loro utopia, diventa il loro capo e scatena una guerra feroce contro gli oppressori bipedi. Parte col suo esercito, di buoi, pecore, uccelli, asini cavalli, maiali cani come lui, addirittura si allea con i lupi, e seguendo le rotte migratorie marcia verso alla libertà. Carnivori ed erbivori, davvero può funzionare questa alleanza? Parliamone…
Ci sono pagine di una crudeltà splatter senza paragoni, le descrizioni delle battaglie con gli uomini, ma anche le vendette punitive, all’interno della comunità ribelle superano la soglia del fastidio. Niente a che vedere coi video carini dei gattini in rete; una bestialità feroce guida la narrazione, roba da stomaci forti, anche perché quando si scrive una cosa del genere, al riscatto delle masse ci credi poco, è una opzione che proprio non consideri. Senza parlare poi, dei metodi da usare per ottenerlo.
Che dire?, opinioni. Però che scrittura. accidenti.
Recensione di Giuseppe Di Giacobbe
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