Vince il Premio Campiello 2022 Bernardo Zannoni, con I Miei Stupidi Intenti (Sellerio)
Recensione 1
Se non altro lo acquisterei per la accattivante copertina..
Una gallina e mezza è il prezzo che viene pagato Archy, ceduto da sua madre Annette all’usuraio Solomon che vive in una collina.
Bernardo Zannoni con il suo romanzo d’esordio ci racconta così la vita della faina Archy, una vita sfortunata e sofferta.
È il memoir di un mustelide che narra in prima persona la sua vita che, come quella di un uomo è fatta di gioia e sofferenza.
Fra alberi e tane sotterranee, Archy, nasce una notte d’inverno assieme ai sui fratelli.
È orfano di padre e viene venduto dalla madre all’usuraio Solomon, una volpe, diventando così suo servo assieme al cane Gioele.
Oltre a Gioele, conosciamo il riccio Claus e tanti altri animali che hanno una componente antropomorfa, usano infatti letti, stoviglie, zappano la terra e si tirano addirittura i piatti.
Tanti sono i riferimenti alla letteratura ottocentesca ma anche alla orwelliana “Fattoria degli animali” dove, in quel caso, gli animali assumono col tempo caratteristiche umane mentre in questo caso si comportano da subito come esseri umani.
Personaggi che sembrano strappati a Camus e al tempo stesso ad un film della Pixar e se smettessimo di pensare a loro come animali, potrebbe benissimo trattarsi della storia di un essere umano che scopre la vita, l’amore e il denaro.
Archy conosce l amore e lo perde, riesce però a formarsi una famiglia e lotta per crescere i suoi figli, cerca di avere un buon lavoro,affronta il dolore, l’abbandono e la perdita.
È un percorso di iniziazione e formazione soprattutto quando si mette a servizio dell’usuraio Solomon che, non solo lo forma sul lavoro, ma nutre nei sui confronti un particolare affetto così da instaurare con lui un rapporto quasi di padre e figlio.
È Solomon infatti che insegna ad Archy le fondamentali che lo potranno elevare dalla sua condizione di animale.
La conoscenza di Dio e la forza della parola scritta renderanno Archy più consapevole ma allo stesso tempo inevitabilmente anche più infelice.
Conoscere Dio lo porterà a porsi molte domande le stesse che si può porre qualsiasi essere umano.
Come ad esempio il perché Dio possa permettere l esistenza del dolore nonostante la sua bontà.
La scrittura invece, gli insegna Solomon, ha il potere di rendere eterno, questa infatti è la potenza della parola scritta.
Archy, pur riflettendo e consapevolizzando tutto questo, vive le difficoltà della sua vita di ogni giorno, e della sua condizione, ovvero salvaguardare il suo territorio dagli attacchi di altri animali o fare scorte per l’inverno.
È un romanzo inusuale, che invita a riflettere, forte infatti è il desiderio di Archy a farsi domande su temi come la caducità del tempo e la morte.
Quella di Zannoni è una narrazione pulita, tesa e accattivante, una scrittura perfetta che accompagna il lettore in una dimensione in cui è d’obbligo porsi di fronte a domande essenziali del nostro essere uomini e donne.
Lo scrittore, con evidenti riferimenti alla grande tradizione delle favole con gli animali parlanti, ci regala così una storia metafora della parabola esistenziale dell’ uomo.
Un libro da leggere perché “diverso” dai soliti romanzi e per scoprire dalla bocca della faina Archy riflessioni sulla condizione dell’uomo che spesso anche noi abbiamo fatto.
La frase del libro che vi lascio:
“Rivivevo il mio ritorno e l’addio che avevo dato ai miei ricordi.
In qualche maniera era come se li avessi solo nascosti.
Ora si muovevano al buio dentro al mio sonno di giorno tentavo di rimetterli a posto”.
Recensione di Gabriella Patriarchi
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Recensione 2
Ho una grande simpatia per una faina adesso, un tale Archy. Questi ultimi giorni mi ha fatto conoscere un mondo tutto suo, quello delle faine ma anche di tanti amici e nemici come funziona un po’ nel nostro mondo di uomini.
Questo gentile personaggio, un po’ sfigatello ma al tempo stesso combattivo e speranzoso si trova ben presto abbandonato dalla propria famiglia ed adottato da una volpe che a sua volta si era preso cura anche di un cane. Ma più che della storia vorrei parlarvi di cosa mi ha lasciato il racconto: la nostra cara faina per tutto il racconto farà sì l’animale con il proprio corpo ma con l’anima, il cuore ed il pensiero si umanizzerà e cercherà di evolvere la propria vita acculturandosi con la lettura, la scrittura ed il ragionamento. Quando ha fame Archy mangerebbe anche i propri simili ma quando fa l’amico od ama si destreggia tra le regole amicali ed il corteggiamento e la gelosia.
Quando pensa e scrive filosofeggia sul senso della vita e non importa se un minuto prima lotta per preservare il proprio territorio, un minuto dopo ragiona da vecchio saggio e si scolla l’abito dell’animale. Mi son chiesta però e questo lo dico da amante degli animali e da inquilina di gatti se queste osservazioni non sono proprio frutto di un pensiero umano. Chi ci dice che un gatto non si innamori veramente e chi ci dice che una gallina non s’interroghi sul senso della vita. Noi umani dovremmo con un passo indietro credere che anche l’anima di Archy e di altri suoi amici possa essere effettivamente così romantica e non frutto di una bella pensata letteraria. Non so quanti lettori abbiano osservato ma tutti i protagonisti parlano tra loro una lingua comune, una storia prebabelica in cui tutti dicono e tutti si capiscono. Sarebbe stato carino pensare che anche nel mondo di Archy fossero presenti i traduttori, sarebbe stato più verosimile.
Comunque un bel libro, fresco, in alcuni momenti simpatico, pieno di speranze come è giusto averle quando si ha meno di trenta anni anni come lo scrittore.
Recensione di Marina Bal
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I MIEI STUPIDI INTENTI Bernardo Zannoni
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