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Aprire la porta di accesso per entrare nella stanza delle emozioni, spesso risulta essere un’operazione non semplice per chi da tanto tempo Γ¨ recluso in un labirinto esistenziale che ha costruito in sΓ©.

Assiduamente perΓ², il destino ci riserva l’incontro con persone che hanno la capacitΓ  di assorbire osmoticamente queste emozioni, tanto da proiettarsi nella condizione altrui, sperimentando una risposta emotiva di ampia profonditΓ .

Sono questi gli individui che la scienza chiama empatici, persone che posseggono la capacitΓ  intuitiva di mettersi nei panni degli altri, di percepire e capire ciΓ² che essi provano.

Tratto della personalitΓ , caratterizzato dalla capacitΓ  di provare un’emozione appropriata, in risposta a quella espressa dagli altri. L’empatico Γ¨ consapevole di questa fonte emozionale, quindi Γ¨ in grado di decodificare l’emotivitΓ  altrui.

Spesso perΓ², capita che le emozioni possano essere spiacevoli, invadendo il proprio stato d’animo e generando quella sensazione di malinconia che caratterizzano la tristezza verso una realtΓ  immediata e futura.

Questa Γ¨ la malinconia, che come scriveva uno scrittore francese (Victor Hugo) essa non Γ¨ altro che β€œla gioia di sentirsi tristi”. La dolorosa sensazione dell’anima di qualcosa che non si ha mai avuto e di cui si sente dolorosamente la mancanza.

Questa Γ¨ forse la chiave di lettura, in cui l’autore, attraverso il ripercorrere della storia familiare di un personaggio che sembra essere il suo alterego, riesce con quest’opera, a condurci in un dedalo di sensazioni negate, piaceri non goduti, e manifestazioni affettive mai percepite.

Esso ci accompagna emotivamente in una delle vicende piΓΉ crudeli subite dal mito del Minotauro, il quale, privato di quell’affetto materno di cui un figlio fisiologicamente necessita, subisce l’emarginazione e la segregazione di un labirinto infinito senza via di uscita.

Questo IO SIAMO, Γ¨ l’incipit che ci apre le porte di uno spazio infinito, dove la memoria intrappola ricchezze immense, di immagini spesso occultate dall’oscuritΓ  di quel labirinto inconscio, che non fa parte solo di una limitata individualitΓ , ma che si espande empaticamente ad una identitΓ  collettiva, di chi si immedesima in ciΓ² che la natura con i suoi petali colora, nel freddo gelido di un fiocco di neve, nel frutto di un albero illuso da una falsa stagione, o da chi ancora viene ingannato e defraudato da una privazione amorevole.

Empatia Γ¨ avvertire le emozioni esterne, quelle che ci circondano. Le vibrazioni che ogni oggetto emana. Avvertire la precaria realtΓ  di un mondo che volge al termine, e sentire il bisogno di trasmettere le proprie consapevolezze in chi verrΓ  dopo di noi.

Percepire quel bisogno immenso, di cui ogni essere, non puΓ² privarsene, ricordandoci che gli uomini amano essere confortati da un abbraccio benevolo che sa apportare il suo calore.

Forte Γ¨ la sensazione e l’immedesimarsi in una scrittura empatica come quella che l’autore riesce a trasmettere, mettendoci su quella stessa lunghezza d’onda che l’opera sa rivelare. Percepire l’emotivitΓ  di una scrittura frammentata e destrutturata, al limite della narrazione. Esperimento ben concepito, che sa confezionare tutte le emozioni che Georgi Gospodinov vuole trasmettere, rendendo il lettore protagonista di quella stessa empatia patologica che il soggetto narrato percepisce.

Vivere un caleidoscopio di sensazioni semplici e complesse, che si edificano mettendo insieme micro tasselli, anse cerebrali, che si compongono per fare luce in un labirinto che sa essere solo il groviglio di una tenebrosa esistenza. Esposizione discontinua che si ricuce in un’unica realtΓ  tenuta insieme dal filo che la storia ha voluto consacrare con il mito di Arianna e che ha saputo rivelare la via di uscita per il figlio di Egeo.

Teseo, unico rivale e assassino, di quell’essere dalle sembianze taurine, confinato nel regno della malinconica esistenziale.

Vita che non vede una via d’uscita, segregata ed emarginata, rinchiusa in un labirinto che esclude dal mondo la propria esistenza, privandoci di ogni nostra legittima libertΓ , e separati da chi gode di quella stessa luce, senza saper raggiungere il cuore, di chi ha vissuto nell’oscuritΓ  di ogni cosa.

Tanti i labirinti che ognuno di noi ha attraversato cercando disperatamente l’uscita, senza mai trovarla. Tante le imprese di inenarrabili Teseo, che affrontano il Minotauro solo con la guida di quel esile filo.

Io di una malinconica vitale, intrappolata tra le mura di un labirintico corpo che ci appartiene. Oscura caverna che trattiene ogni nostra inquietudine, privandoci di quella luce che ci rivela la via di uscita. Ego di quel eroe atenese (Teseo) che si perde in una Sherazade di storie interminabili, dimenticando la ragione del filo della libertΓ , ma perdendosi nelle trame di chi della storia, sente la necessitΓ  di raccontarla (Minotauro).

È questa la costruzione mentale che non prevede nessuna uscita, e che lascia ognuno confinato in una situazione di completa desolazione. Afflitto dai propri pensieri, rinchiuso nelle proprie tristezze, aspettando la luce che forse rischiarerà il domani.

Di una storia infinita che dΓ  la vita e non chiede la morte, perchΓ© la condanna non sparge sangue, e l’eroe e il mito, si incammineranno in una strada infinita, dimenticando l’uscita del labirinto e il filo che guida, ma anche la fine di quella storia che vede un assassinio ed il suo criminale.

PerchΓ© il minotauro sono io, o forse ognuno di noi che si materializza empaticamente in ogni cosa, in un individuo di sesso maschile, in una lumaca, in una drosophila attratta dal frutto di un ciliegio precoce che si gela in una stagione fuori tempo, in un io alla ricerca del suo passato, tra i ricordi di un’infanzia affetta da una patologia ossessiva, o di chi tra le viscere tiepide di un grembo materno, non Γ¨ ancora venuto alla luce. Di chi nasce in un sintagma che racchiude un concetto empatico per eccezione β€œIO SIAMO”, e muore in un epilogo che si ultima in β€œIO FUMMO”.

Buona lettura.

Recensione di Giuseppe Carucci

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