La letteratura gialla vista dalla parte di chi indaga​ – Il co​mmissario Jules Maigret

La letteratura gialla vista dalla parte di chi indaga​ – Il commissario Jules Maigret

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Introduzione

Sono molti coloro che hanno cercato in epoche remote le radici della letteratura gialla, ma pare verosimile che la sua nascita come genere vada collocata solo alla fine del XIX secolo.

Fu un inizio lento. Nel 1887 si materializzò Sherlock Holmes. In seguito bisognò aspettare più di 30 anni per veder spuntare nel 1920 Hercule Poirot e poi, con alcuni intervalli fino al 1939, tutti gli altri: Philo Vance, Jules Maigret, Sam Spade, Miss Marple, Nero Wolfe e Philip Marlowe.

Ma sarà necessario attendere di nuovo 30 anni affinché il giallo metta il turbo e divenga un fenomeno di massa per numero di autori ed espansione di lettori. Questo fenomeno porta il segno prevalente dell’Europa. 

Nella seconda parte degli anni ‘60, dentro quel mondo in subbuglio per la protesta politica, anche la letteratura noir fu influenzata dalla contestazione. Furono lasciate alle spalle le precedenti figure di investigatori incentrate sul contrasto del crimine, però prive di empatia e di legame con la vita sociale. 

Il giallo è falsificazione, finzione, ma quello che lo fa vivere è il pensiero che sia verità. Per questo non è stato mai messo in discussione il commissario Maigret, perché il suo modello umano si è distaccato dallo stereotipo del detective senz’anima. 

 

 

Maigret il saggio, Wallander il tormentato, Van Veeteren il disincantato, Sveinsson il solitario, Ricciardi l’integerrimo, Verehoven il mai domo, Mazzeo lo spietato, Gamache il riflessivo, Guarrasi la pragmatica. Ciascuno di questi nove personaggi, con le qualità letterarie che li caratterizzano tutti, rappresenta le modalità di identificazione che riconciliano il piacere della lettura. 

Il giallo è uno specchio della società e ci dà di essa una attendibile rappresentazione simbolica. Il giallo, inoltre, induce a scoprire il lato oscuro della propria personalità, diventa un transfert, ci consente di riconoscere la nostra aggressività e di spostarla altrove. Con la raffinatezza degli intrecci, è un concentrato di tensione e, alla soluzione finale, di sorpresa alle quali segue la quiete di una appagata distensione.

Jules Maigret ha segnato un radicale mutamento? Legittimo pensarla così. 

Allora è proprio partendo da questo precursore che incontreremo alcuni poliziotti contemporanei, tutti intensamente calati nel loro ambiente. Proveremo a cogliere il valore simbolico delle loro figure, ciò che le distingue e le ragioni del loro successo di pubblico.

 

Il commissario Jules Maigret (Georges Simenon)

La rinascita che seguì alla fine della prima guerra mondiale suscitò la crescente pressione di istanze sociali, l’emergere del movimento sindacale, la valorizzazione del ruolo delle donne. La conseguente ondata di rivendicazioni politiche si accompagnò ad un profondo rinnovamento culturale e artistico: basti pensare ai nomi di Kafka, Joyce, Proust, Picasso, Mann e Brecht. In questo mondo che vuole ricominciare da capo e che pure va verso la depressione degli anni ‘30 e incontro ad una nuova guerra mondiale, la media e piccola borghesia chiede spazio per i propri valori di laboriosità, equilibrio e individualità.

Il commissario Jules Maigret, comparso per la prima volta alle stampe nel 1929, rappresenta questi principi. Con la competenza costruita in anni di lavoro, l’esperienza frutto di preparazione, di concretezza e di saggezza, dalla campagna alla città riscatta le origini modeste della sua famiglia.

 

 

Maigret parte dalla gavetta. Da giovane poliziotto ha fatto ore e ore di appostamenti, ha frequentato gli ambienti più nascosti e malfamati, conosce il mondo marginale e da quel mondo è conosciuto. Maigret è riflessivo, sa aspettare e non si monta la testa. Rispetta le gerarchie, ma non si lascia condizionare dai potenti e non tollera intromissioni nella propria sfera personale. La sua vita privata è lineare. Quando è in giro per le indagini frequenta con piacere le piccole trattorie. Beve e regge bene l’alcol. Gli piace osservare la gente, considera con interesse il lavoro, ama il suo e apprezza anche quello più umile, ma non pensa con rammarico alla pensione.

Maigret è una metafora del piccolo-borghese del suo tempo. Sta saldo al posto che ha conquistato e che gli compete ed ha fiducia nel divenire della realtà. Le vittime delle sue inchieste vengono a contatto col male spesso inaspettatamente. Un male però circoscritto, come un bubbone che può essere estirpato e che ancora non contiene simboli allarmanti.

Di Giovanni Rossi

 

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Cinque titoli per il commissario Maigret

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