VITA MORTALE E IMMORTALE DELLA BAMBINA DI MILANO, di Domenico Starnone (Einaudi – ottobre 2021)
Recensione 1
Con la sua sparizione dal mondo persi inequivocabilmente la spinta a fare grandi cose e persino quando, decenni dopo, tornai a scribacchiare, lo feci con una passione senza pretese, sapendo ormai che quel poco di veramente vivo che facciamo vivendo resta fuori dalla scrittura, i segni sono costituzionalmente insufficienti, oscillano tra commento e sgomento, meno male che è cosí.
Una bambina si affaccia al balcone e danza e lo fa in un modo così aggraziato e dolce che non rimanerne incantato é impossibile.
Questo é quello che vede e sente lui, Mimí, che guarda quella bambina con adorazione. Mimí è un bambino eppure dentro di lui sente che lei é la donna della sua vita. Per lei farà a duello, per lei nutrirà il sogno di scendere negli inferi o nel mondo dei morti, per adorerà la parola, la sua storia, il suo valore. Per lei si affezionerá ai Miti greci. Di quella bambina, che lui battezza “la bambina di Milano”, non saprà mai nulla eppure quella bambina segnerà la sua vita, per sempre. Mimí cresce, diventa un ragazzo, un uomo, e tutte le scelte che fa o che non fa sono legate a quel sogno. I sogni si sa, portano in alto e talvolta cadere a terra fa male. É vita. A guardare con amore infinito questo piccolo che si affaccia alla vita c’è una nonna meravigliosa, che ama questo nipote più di ogni altra cosa. Tra locuzioni in dialetto e aneddoti della sua vita e dei morti che le sono cari, questa adorabile nonna forgia il suo pupillo.
Il cuore napoletano fa la sua doverosa parte.
Siamo il frutto di quello che hanno seminato dentro e accanto a noi. Il sogno e la morte sono ciò che unisce nonna e nipote. Mimí poi scopre e coltiva una grande passione per la parola, la ama al punto da studiare lettere… lui vuole scrivere. Mimí impara che la lingua non è statica, la lingua si sgretola, e con lei la scrittura, così anche le montagne, i pianeti, le stelle, tutto l’universo. Però all’affidabilità della scrittura lui tiene in modo particolare e scoprire che è fragile e insufficiente lo disorienta, lo mette jn crisi. Mimí non si capacita che l’alfabeto non registra tutti i suoni. Lui sa, immagina la quantità di cose che restano fuori dell’alfabeto. Le parole, i suoni, l’alfabeto sono anche metafora dei sentimenti, delle emozioni, della vita.
Ho iniziato trovando difficoltà ad entrare in empatia con il libro, poi in una pagina ben precisa la svolta: ho colto la poesia.
Mi sono ritrovata catapultata sul mio balcone della casa di Bergamo, alla mia primissima cotta, mi sono tornati in mente tutti quegli amori, vissuti o no, che hanno segnato la mia vita e le mie scelte.
In alcune pagine io ero Mimí, e sua nonna era mia nonna…
Sogno, amore, ricordo, vita, morte.
Starnone ci prende per mano e con una scrittura talvolta poetica ci fa riflettere sulla vita invitandoci a credere che vivere altro non è che camminare, circondati da cose mortali, verso l’ultimo giorno.
Consigliato a chi ama Starnone e a chi ama leggere trovando spunti di riflessione.
Recensione 2
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“Come cambiano bruscamente i desideri.“
Una fiaba, una poesia, una storia delicatissima, un viaggio che parte dall’infanzia, attraversa l’adolescenza e arriva alla maturità: i ricordi di un bambino, Mimì, ammaliato da una bambina che danza su un balcone… e un’infanzia accompagnata dal mito di Orfeo ed Euridice. La potenza di questo piccolo libro è nelle parole che qui, più che in altri romanzi, hanno un peso significativo.
Starnone gioca con le parole, quelle che danno vita ai protagonisti, li disegnano, danno loro un’identità precisa. “Laggepigliatìo”, “mo chiuvéva, mo schiuvéva”… il colore del dialetto, la meraviglia della lingua italiana…
E la lingua ha un peso importante nella crescita del protagonista. “La lingua non è statica, la lingua si sgretola, e con lei la scrittura.”
È una storia d’amore, di morte, di crescita. Di ricerca della bellezza, in tutte le sue forme.
Indimenticabile la figura della nonna. E la bambina di Milano.
“Per ragioni misteriose, la scrittura mi pareva l’unica cosa che potessi lasciare, alla mia morte, senza un’impressione di spreco.”
Molto bello, grande emozione.
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