TURBOLENZA, di David Szalay
…ho un rapporto decisamente sereno con l’aeroplano, inteso come mezzo di trasporto, un approccio molto umile al volo ed un senso di costante e profonda gratitudine a priori verso l’equipaggio, diventano i miei idoli, non appena si chiude il portellone, soprattutto sono quelli che mi rimetteranno con i piedi per terra. Oltre ogni inderogabile spiegazione fisica, nel cuore dell’uomo, compreso il mio, un aereo che vola nel cielo stellato rimarrà sempre un miracolo.
Chesterton scrisse che “la cosa più incredibile dei miracoli è che accadono”… meno male aggiungo. Non ho paura di volare ma quel senso di precarietà c’è sempre: quando poi l’aeroplano diventa una metafora di una condizione instabile e precaria dell’animo umano, allora ci siamo dentro.
Quello che mi è accaduto, leggendo Turbolenza, un affresco di dodici storie aviatorie di David Szalay, è stato riflettere, parecchio, e non esiste una condizione più adatta alla riflessione di un jet lanciato a velocità folle a 10mila metri d’altezza, per cui tanto vale lasciare al gate le maschere e i sotterfugi: in cielo siamo soltanto noi stessi, nel bene e nel male.
I protagonisti del libro hanno questa finta normalità, a metà tra l’inquietudine e l’estasi, un’umanità che sembra essersi rarefatta come l’ossigeno ad alta quota. Sono voli malinconici, voli euforici, dove i passeggeri sono uniti da un destino fatto di caos calmo e imprevedibilità, di tragedie e nuovi amori, di solitudine e di speranze, di cose immense e di cose quotidiane.
Ci possiamo girare attorno quanto vogliamo ma il punto è questo: il tempo di cui disponiamo ogni giorno è un elastico, le passioni che proviamo lo dilatano, quelle che ispiriamo negli altri lo restringono, le abitudini riempiono i vuoti tra le passioni e c’è bisogno anche di quelle.
Dopo aver letto questi racconti forse non saremo più gli stessi di prima, per questo è un libro che va dato in buone mani, per farne buon uso, per allungare l’elastico delle emozioni di chi lo sta leggendo e accorciare il tempo che ci separa dal prossimo gate per la felicità. Senza fretta, ma consapevolmente.
E’ in buone mani.
Recensione di Alessandro Musco
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