PIERO FA LA MERICA, di Paolo Malaguti (Einaudi – marzo 2023)
Questo è il quinto libro di Malaguti che leggo, e innanzi tutto faccio presente che tutti sono assai diversi l’uno dall’altro: “La reliquia di Costantinopoli” ( con cui l’autore concorse allo Strega) appartiene al filone storico; “Prima dell’alba”, in cui la rappresentazione di Caporetto non sfigura a confronto di quella di Hemingway, si colloca tra storia e giallo; “Se l’acqua ride” è un romanzo di formazione; “Il moro della cima”, la biografia scritta in forma di romanzo di un montanaro del Grappa; “Piero fa la Merica”, per finire (ma spero di no!), un romanzo di emigrazione. Già questo per me è un buon motivo per apprezzare l’autore; un secondo motivo è il qualcosa che li accomuna, ed è la bravura di Malaguti: un notevolissimo narratore, in grado, tra l’altro, di muoversi agilmente tra registri stilistici e linguistici diversi.
Ma andiamo al libro di cui ho appena concluso la lettura: il protagonista eponimo è il figlio maggiore di una poverissima e assai prolifica famiglia veneta originaria della zona del Montello; siamo alla fine dell’Ottocento, negli anni della grande emigrazione; il padre di Piero, attratto dalle mirabolanti promesse degli intermediari di compagnie interessate ad acquisire lavoratori (vi ricorda qualcosa?) decide di partire per il Brasile, portando con sé tre dei sette figli; gli altri e la moglie dovrebbero raggiungerli quando si saranno sistemati, ma come tanti altri divisamenti anche questo non si realizzerà. Dopo un viaggio che sembra non dover finire mai, il gruppo dei migranti di cui la famigliola fa parte giunge a destinazione, e qui è subito evidente che il Brasile non è la terra del latte e del miele, la vita bisogna sudarsela con il duro lavoro della terra, come in Italia, anche se qualcosa è cambiato, perché qui si lavora sul “proprio”; ma si è quasi spersi nel mato (la giungla), piena di pericoli naturali, e abitata da indigeni invisibili. Con questi indigeni alla fine ci si incontrerà, e come pressoché sempre è accaduto nell’incontro tra indigeni e pionieri le cose non andranno a finir bene; in quest’occasione Piero scoprirà, per dirla come già è stato detto, che “non resta che far torto o patirlo”, e si allontanerà dalla colonia. Che cosa gli riserva il futuro non voglio riferirlo, posso solo dire che non è tutto oro quello che luccica, si può fallire im mille modi.
Confesso che all’inizio ho faticato un po’ ad entrare nello spirito del romanzo, a sentirmi coinvolta, ma a poco a poco sono stata irretita nella storia… gli ultimi capitoli in particolare sono avvincenti nella loro durezza.
Recensione di Anna Ciammarughi
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