LE CENERI DI ANGELA Frank McCourt

LE CENERI DI ANGELA Frank McCourt Recensioni Libri e News UnLibro

LE CENERI DI ANGELA, di Frank McCourt

 

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Recensione 1

Questo libro è la storia autobiografica dell’autore, che racconta la vita misera di Frankie, ragazzino irlandese sveglio e sensibile, che in prima persona descrive le vicissitudini della sua famiglia tra gli Stati Uniti e l’Irlanda, facendoci toccare con mano l’estrema miseria, il freddo e la fame che hanno contraddistinto l’infanzia e poi l’adolescenza sua e dei suoi fratelli. “Ripensando alla mia infanzia, mi chiedo come sono riuscito a sopravvivere. Naturalmente è stata un’infanzia infelice, sennò non ci sarebbe gusto. Ma un’infanzia infelice irlandese è peggio di un’infanzia infelice qualunque, e un’infanzia infelice irlandese e cattolica è peggio ancora.”

Ambientato storicamente tra le due guerre mondiali, ci mostra un quadro della vita di molte famiglie irlandesi, sia in patria che nella mitica America, con il tempo che scorre inesorabile nella perenne ricerca del padre ubriaco nelle sordide bettole, dove l’uomo va a bersi i soldi del sussidio di disoccupazione o della paga, così come è pressante per la madre Angela e per tutta la famiglia la ricerca del cibo per sfamarsi e di abiti per coprirsi, per non dover avere altre morti precoci , come quella della bimba nata e morta negli Stati Uniti e dei gemellini nati e morti in Irlanda, a Limerick.

Attraverso gli occhi e la voce di Frankie, oltre alla lotta contro la fame, la miseria, il freddo, le malattie, ci viene mostrato, con il linguaggio ironico ed arguto che contraddistingue tutto il libro, un piccolo mondo dove l’odio viscerale verso gli inglesi e gli irlandesi del nord si affianca ad un evidente bigottismo religioso: “ Il maestro dice che è una cosa meravigliosa morire per la fede e papà dice che è una cosa meravigliosa morire per l’Irlanda e allora io mi domando se al mondo c’è qualcuno che ci vorrebbe vivi”.

Una storia di vita vera, con le cene a base di pane tostato e tè, di poppatoi pieni di acqua e zucchero, di scarpe riparate con le gomme della bicicletta; una vita che ci appare così lontana dalla nostra realtà ma che in fondo in fondo non lo è poi così tanto. E ci viene da chiederci, insieme al piccolo Frankie, se ha un senso vedere la gente morire di fame, quando ci sono tanti alberi di mele e tante mucche da latte nei campi, se sia uno scherzo che un medico consigli ad un ammalato un viaggio in paesi caldi quando il malato in questione non ha neanche i soldi per scaldarsi con un pezzetto di carbone. Perché anche oggi da qualche parte nel mondo c’è un piccolo Frankie che muore di fame e tanti bambini che si ammalano e muoiono di malattie facilmente curabili con un banale antibiotico!

Recensione di Ale Fortebraccio

 

Recensione 2

Libro blasonatissimo che io leggo in ritardo soltanto adesso.

Un romanzo autobiografico, scritto in prima persona dallo stesso autore che racconta la sua infanzia e la sua adolescenza in Irlanda, nella città di Limerick.

Non vi annoierò con la trama, in quanto stranota e perché in fondo non esiste un canovaccio vero e proprio, la storia si snoda attraverso la quotidianità della vita di un ragazzo e di tutte le persone che gli ruotano attorno.

Che cosa è stata la sua vita lo riassume magistralmente in poche righe nella prima pagina che voglio trascrivervi integralmente:

“Ripensando alla mia infanzia mi chiedo come sono riuscito a sopravvivere. Naturalmente è stata un’infanzia infelice, sennò non ci sarebbe gusto. Ma un’infanzia infelice irlandese è peggio di un’infanzia infelice qualunque, e un’infanzia infelice irlandese e cattolica è peggio ancora…“.

 

 

Questo romanzo non credo lasci annoiato o indifferente il lettore. Ha suscitato in me, man a mano che mi immergevo nella lettura emozioni piuttosto forti, anche contrastanti. Ho fatto fatica a contestualizzare il romanzo nella prima metà del 900, in un ambiente che sembrava uscire da un romanzo di Dickens. Mi sono commossa e ho provato pena per tutti i ragazzi, ho sorriso delle loro malefatte, dei loro trucchetti, delle loro ingenuità.

Dall’altra parte il mondo degli adulti che mi sono risultati tutti antipatici: a partire dai due genitori totalmente inadeguati, deboli, impreparati, dai parenti “serpenti” dagli insegnanti e dai ministri del clero che imponevano regole severissime di comportamento senza spiegazioni logiche, tali solo da fomentare la paura del “peccato”. In un contesto sociale poverissimo, materialmente e moralmente, mi sono chiesta quanta forza avessero quei ragazzi per crescere tutto sommato onesti, lavoratori e per arrivare a progettare addirittura un futuro.

Scrittura molto scorrevole, identificabile con il pensiero e gli interrogativi di un bambino e poi di un ragazzo, ottima anche la descrizione accurata dell’ambiente.

Sicuramente un libro non facile, da ponderare e che fa discutere. Qualcuno lo ha letto? Che cosa ne pensate? A proposito non riesco a mettere a fuoco il titolo: perché Le Ceneri di Angela?

Recensione di Carla Maria Cappa

 

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Recensione 3

Questo libro narra la storia, raccontata in prima persona dal protagonista, Franc MacCourt, della sua giovane vita e di quella della sua famiglia, tra la fame, gli stenti e le malattie che rispecchiano la situazione diffusa, di una società, quella Irlandese, ridotta in ginocchio dalla guerra.

Un bambino, la cui maturità e sensibilità è messa in luce dalla sua “fame ” di risposte, puntualmente disattese dalla superficialità e difficoltà degli adulti.

Un bambino combattuto dal duplice sentimento di amore- odio nei confronti di un padre incapace di assicurare alla famiglia il pane quotidiano, e al contempo in grado di sfamare l’ immaginazione dei suoi bambini con le mille storie inventate su altrettanti personaggi.

 

Un bambino la cui esistenza è condizionata da una società sottomessa a una religione, che chiude la porta in faccia ai poveri per aprire portoni a persone ” rispettabili” ; una chiesa che rispecchia esattamente quella dei giorni nostri, nonostante sia passato quasi un secolo.

Un bambino capace di capire il sacrificio di una madre, Angela , disposta a rinunciare al proprio orgoglio e alla propria dignità, pur di sfamare con pane fritto e tè i propri bambini.

Una storia d’ amore tra fratelli accomunati dell’estrema povertà, che al di là di tutto sono legati da un sentimento di profonda condivisione.

Una storia, questa, capace di farmi sentire per contrapposizione, “sfamata” e “sazia ” e al contempo triste e amareggiata.

Recensione di Rosalba Maniscalco

 

Recensione 4

 

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Mi ha amareggiato molto leggere questo romanzo. Moltissimo!
Prima di intraprendere la lettura l’ho lasciato fra gli scaffali della mia libreria a guardarmi per molto tempo. L’ho praticamente snobbato. Perché? Perché sapevo già che mi avrebbe procurato dolore, rabbia, indignazione e pietà.

Lo stile è insolito per il fatto che la storia viene narrata in prima persona da un bambino, con le sue esclamazioni, i suoi periodi sconnessi e via dicendo, l’ironia, tanto decantata dalle varie presentazioni, viene schiacciata dalla miseria.
Ed è proprio quella miseria, a limiti della sopravvivenza, che avvolge il lettore trasportandolo in una dimensione disumana.

 

 

Non solo. È sempre la miseria che ammanta una religione gretta e meschina che si nutre di povertà, succhiando ogni forma di grandezza umana. Una religione medievale che si specchia nella spocchia dei benestanti e dei preti che “sbattono la porta a chi ha bisogno”.

E in ogni capitolo un crescendo di personaggi acidi e imbruttiti in un groviglio di “cacca” , mosche, pulci e pidocchi. Menti recintate dall’ignoranza e dalla rassegnazione, in un terreno arido e con tante spine.

Mi ha fatto male leggerlo perché in quell’Irlanda fra le due guerre ho visto la mia Sicilia nello stesso periodo, con le stesse brutture, le stesse sofferenze, terre, entrambe, sottomesse alla Carestia e a una religione meschina che impoverisce gli animi con ricatti e rinunce.

 

 

Il piccolo protagonista, Francis, attraversa ogni limbo dell’inferno terreno, scavalcando i muri dell’apatia e della rassegnazione. Un ragazzino indistruttibile, sfrontato, refrattario a ogni sentimentalismo che, lungo il suo difficile percorso di crescita, riuscirà a sconfiggere i fantasmi di una religione fatta di superstizione e false credenze. Un ragazzino che riuscirà a realizzare il sogno di raggiungere la terra promessa, l’America.

“Roba da pazzi! Preti e suore stanno sempre a raccontare che Gesù era povero perciò non bisogna vergognarsi e poi davanti a casa loro vedi i furgoni che scaricano casse e barili di whisky e vino, una marea di uova e cosce di agnello, e loro che ancora ci dicono a che dobbiamo rinunciare per quaresima. Quaresima un corno! Ma a che dobbiamo rinunciare se per noi è quaresima tutto l’anno?”

Recensione di Patrizia Zara

 

Titolo presente nelle 10 recensioni più cliccate del 2019

 

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1 Commento

  1. Non capisco che libro abbia letto. Che c’entra la religione in questo libro? . È solo la storia di una infanzia difficile, dura e crudele ma lo scrittore, che è anche il protagonista, riesce a cogliere anche in quelle difficoltà momenti di divertimento ed ilarità. Il quadro di una Irlanda estremamente povera raccontata senza sconti e senza pietismo. Un libro godibilissimo.

Commenti

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