LA TRILOGIA DEI FILOSOFI: La cura Schopenhauer-Le lacrime di Nietzsche-Il problema Spinoza Irvin D. Yalom

La trilogia dei filosofi: La cura Schopenhauer-Le lacrime di Nietzsche-Il problema Spinoza , di Irvin D. Yalom (Neri Pozza)

 

La trilogia dei filosofi Irvin Yalom

LA CURA SCHOPENHAUER

 

Due i piani di narrazione che si intersecano solo a livello metafisico.

Da un lato Julius, psicoterapeuta contemporaneo, dall’altro Schopenhauer indimenticato filosofo del pessimismo cosmico.

Julius si trova a dover fare i conti con Atropo.

Non è facile accettare una sentenza senza scampo. Gli resta un anno di buona salute.

Dapprima si rifugia nella filosofia per trovare un senso alla vita e alla morte.

Il sollievo e la cura gli arriveranno però dall’interazione con i suoi pazienti.

Lo scopo della sua vita è stato dare di sé agli altri senza risparmio, non rinuncerà a farlo neppure in quest’ultimo scampolo di tempo che gli è concesso.

Julius, in particolare, recupera il rapporto con un paziente avuto in cura anni prima.

Philip dichiara di non aver tratto sollievo dal trattamento psicologico ma di aver trovato la guarigione grazie agli scritti di Schopenhauer.

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Queste le prime mosse da cui prende avvio il romanzo.

Una storia ben raccontata che permette molteplici livelli di lettura.

Julis segue un gruppo di pazienti in un percorso terapeutico e Philip vi viene inserito sia come paziente che come aspirante counselor, dapprima scettico ed evitante trova nuove e inaspettate risposte alle sue domande.

E Schopenhauer ?

Lui è il silenzioso protagonista della storia. La sua vita, i suoi libri e il suo pensiero vengono rivisti e raccontati, resi fruibili da tutti dal linguaggio chiaro e piacevole a cui Yalom ci ha ormai abituati.

Il ritmo non è incalzante, è vero, ma riflessioni sulla vita e sulla morte, sulla motivazione che deve spingerci ad affrontare la quotidianità non trascurando di assaporarne il valore e l’intimo significato necessitavano – secondo me – di una velocità controllata e moderata.

Recensione di Gabriella Calvi

 

 

LE LACRIME DI NIETZSCHE

Sento di aver finito un libro e di poter passare ad altro solo dopo aver raccolto e riordinato i pensieri e le emozioni che in me sono scaturiti.

In questo caso ho dovuto lasciar passare qualche giorno; quelle pagine infatti mi hanno imposto un notevole lavorio intrapsichico.

L’autore, non a caso, è un analista e psichiatra di chiara fama per cui sa bene come parlare direttamente all’anima.

Fin de siècle, inverno viennese, i protagonisti della storia sono il dottor Breuer e Nietzsche.

Il primo è impegnato nei primi tentativi di cura psicologica, il secondo è in preda ad una profonda crisi personale e in condizioni fisiche preoccupanti.

 

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Assistiamo ai primi passi del la psicoanalisi.

Il racconto è così coinvolgente, il tono narrativo così carezzevole che in poche pagine anche chi legge è seduto in quei salotti, impegnato a scandagliare il proprio animo e pronto ad ascoltare le confessioni sussurrate dal medico viennese e dal filosofo del duemila.

Quanta sapienza, quanta competenza stanno sullo sfondo di quei colloqui, ma anche quanto dolore, quanta poesia e quante lacrime.

Ho ritrovato in queste pagine tutte le domande di senso che animano le mie giornate, tutte quelle domande che chiedono ascolto almeno se non delle risposte.

Storia e fantasia si intrecciano sapientemente.

Lou Salomé, giovane donna di origini russe, affascina qualsiasi essere umano l’avvicinasse.

Non fanno eccezione Nietzsche e Paul Rée, con i quali instaura un complicato rapporto a tre.

Ammalia chi l’avvicina con la sua bellezza, la sua intelligenza, la sua libertà esuberante e per il suo pensiero di avanguardia.

Quella donna capisce gli altri meglio di quanto essi stessi si capiscano; rapidissimamente diventa gli altri, assume i loro colori e le loro ombre ed è fra i pochi in grado di fare sue le scintillanti sentenze del filosofo proposte nelle sue opere.

Per Nietzsche la bella Salomé diventa ossessione.

In lei aveva visto un’interlocutrice di rara profondità, l’unica alla quale affidare i suoi pensieri; purtroppo la bella Salomé si avvicina sempre più a Rée.

 

 

Nietzsche esce stravolto dalla fine di questo rapporto, ebbro di solitudine.

Nessuno, forse, aveva sofferto la solitudine come lui in quegli anni. Era quasi cieco. Aveva continue emicranie. Abitava in camere ammobiliate e modeste pensioni.

Questa è storia.

A questo punto la fantasia prende il sopravvento e ci racconta una storia alla quale ci piace credere: Lou, profondamente preoccupata per Nietzsche avvicina il dottor Breuer nella speranza che almeno lui riesca ad alleviare il dolore straziante con il quale il filosofo condivide le sue giornate.

Breuer escogita uno stratagemma che gli consentirà di esplorare gli abissi di quell’anima nobile e nel contempo trovae soluzione anche alla sua ossessione per Anna O.

Atmosfera delicata, scorrevole lo stile di scrittura, profondi i contenuti.

Un libro che parla al cuore.

Recensione di Gabriella Calvi

 

 

 

IL PROBLEMA SPINOZA, di Irvin D. Yalom

Benedictus de Spinoza (1632-1677) Alfred Rosenberg (1893 – 1946)

Come i loro cammini possono essersi incontrati?

Quasi trecento anni a separarli e un abisso ideologico incolmabile a dividerli, ma convivono nelle pagine di questo libro che è riduttivo definire bellissimo.

Bento Spinoza, che ha condotto una vita «santa», che ha coraggiosamente scelto la solitudine in nome della libertà di pensiero, allontanato dalla comunità ebraica di Amsterdam, filosofo attualissimo e Rosenberg, ideologo del partito nazista, sostenitore dapprima e collaboratore poi di Hitler si alternano nelle pagine di questo libro.

 

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Nel prologo Yalom ci racconta lo strano senso di affinità che lo lega a Spinoza: la stessa idea di Dio e della Natura, lo affascina il fatto che, il filosofo sia arrivato a dire che le idee, i pensieri e i sentimenti sono influenzati da esperienze precedenti, che le passioni possono essere studiate con la razionalità, che la comprensione conduce alla trascendenza, anticipando così psicologi e psichiatri che arrivarono alle stesse conclusioni secoli più tardi.

Ma la vita di Spinoza si è svolta senza drammi, non ci sono aneddoti o fatti cruciali da raccontare o sui quali costruire una storia e così Yalom fa una scelta coraggiosa, decide di scrivere un romanzo sulla vita interiore del filosofo.

 

 

Visitando il Museo dedicato al filosofo ad Amsterdam scopre che la biblioteca del povero Bento è stata saccheggiata dalle SS, da Rosenberg in particolare.

Il racconto prende avvio e si articola su due piani narrativi paralleli.

Da un lato Spinoza, dall’altro Rosenberg.

Yalom intreccia questi due spunti narrativi in maniera magistrale; assistiamo alle sfortune di Spinoza e nel contempo alla nascita del partito nazista d’inizio novecento.

Come non accogliere in un abbraccio il povero Bento, condannato alla solitudine dalla comunità ebraica per le sue idee non ortodosse e rivoluzionarie?

Lo sgomento nasce invece di fronte alle idee di Rosenberg, impegnato nella diffusione di teorie razziste e antisemite che hanno trovato la loro realizzazione nella politica nazista.

 

 

Come Hitchcock soleva fare nei suoi film, così Yalom si è concesso due apparizioni nel corso del libro: Franco, l’amico fedele di Spinoza, è l’artificio che l’autore usa per poter entrare nel mondo interiore del filosofo.

Anche per proporci un approfondito profilo psicologico di Rosenberg adotta uno stratagemma: nel racconto fa la sua comparsa Friedrick, psichiatra e amico di famiglia, che nel tentativo di risolvere i suoi problemi di relazione, scandaglia l’animo dell’ideologo nazista.

I riferimenti storici sono reali e inseriti con cura, la narrazione è pacata, chiara e fluente; l’apporto psicologico dell’autore costituisce l’aspetto più importante e poetico del libro.

Un libro che molto lascia al lettore, pieno di contenuti profondi che non appesantiscono ma regalano numerosi spunti di riflessione e ricerca.

Recensione di Gabriella Calvi

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