LA RAGAZZA DAGLI OCCHI DI CENERE Vule Žurić

LA RAGAZZA DAGLI OCCHI DI CENERE, di Vule Žurić ( Besamuci – aprile 2021)

 

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“Tutti i personaggi e i luoghi menzionati nel romanzo sono esistiti nella realtà. Solo il
narratore è stato inventato.” Questa è la frase all’inizio del romanzo che avverte il lettore che
quanto raccontato è basato su fatti e personaggi reali. Alcuni di questi vengono citati
nell’Enciclopedia popolare di Stanoje Stanojević, storico ed accademico serbo.
Vule Žurić scrive questo romanzo storico nel 2018, col titolo “Peste e paura”, dopo un’attenta
ricerca sull’epidemia di peste che colpì lo Srem (Serbia) nell’estate del 1795, quando la
cittadina di Irig vide la prima vittima del terribile morbo. La malattia si presentò in
concomitanza con l’arrivo in paese di una bellissima ragazza turca, con gli occhi di uno
strano color cenere ed una veste bianca.

 

Per contenere il contagio venne istituita una commissione di esperti: il professor Schraud, il
farmacista Ostali, il militare Milutinovic, il prefetto Lovas, il barone Pihler, il medico di Irig
Budai, il parroco Vezilić. C’è poi un corollario di altre figure su cui spicca il cantastorie cieco
Nedeljko suonatore di gusle. Sono questi personaggi che ci raccontano, a voci alterne,
l’evoluzione della pestilenza e tutte le precauzioni messe in pratica con una precisione quasi
di cronaca. Alcune ci sono, ora e in questo ultimo anno e mezzo, molto note: il cordone
sanitario attorno all’abitato, la separazione dei malati dai sani, l’isolamento, la sanificazione
delle abitazioni, la disinfezione continua – ai tempi con l’aceto- delle mani, degli oggetti, degli
abiti. Da questo punto di vista, pur essendo scritto in tempi non sospetti, è tristemente
attuale; passano i secoli, migliorano la scienza e la farmacologia ma l’atteggiamento
dell’uomo di fronte a certe emergenze cambia poco.

 

 

La lotta alla pestilenza, tuttavia, si compone di contrasti tra la cura metodica e scientifica, la
superstizione e la fede. Žurić, infatti, entra nella tradizione locale del tempo mostrandoci
come le persone si fidassero più delle credenze popolari che della scienza. Infatti viene
spontaneo chiederci perché, in italiano, il titolo sia stato reso puntando l’attenzione sulla
ragazza dagli occhi di cenere. Chi è questa donna che, defilata, attraversa tutto il romanzo?
Si sappia che, nel XVIII secolo, sì pensava che la peste fosse una donna vestita di bianco
che saltava al collo delle persone, infettandole e conducendole alla morte. Il dottor Budai e il
parroco Vezilić sono gli unici a conoscere la verità, per scoprirla non resta che leggere
questo breve romanzo.

 

 

Il popolo di Irig viene mostrato come indisciplinato, insofferente alle restrizioni, più fiducioso
nelle reliquie dei santi che nella medicina. Per l’archimendrita, i sacerdoti, i patriarchi, la
peste era la punizione divina ai peccati terreni, e a salvare i mortali poteva intercedere il
patrono di Irig, Teodoro Tirone martire, a cui gli abitanti e il parroco si votavano per la
salvezza delle anime. Spinta da curiosità, ho cercato la storia del martire scoprendo che,
oltre ad essere patrono di Brindisi, lo è stato di Venezia prima di San Marco. L’esarca
Narsete, infatti, avrebbe diffuso a Venezia nel VI secolo il culto del Teodoro venerato ad
Amasea e festeggiato il 9 novembre e una piccola chiesa a lui intitolata sarebbe esistita fin
dal VI secolo nell’area attualmente occupata dalla basilica di San Marco. A Venezia fu
invocato come patrono sino al XIII secolo, poi affiancato da san Marco. Insomma, quello che
a Venezia è conosciuto come San Tòdaro.

 

 

Vule Žurić, classe 1969, è un autore che ha all’attivo più di dieci romanzi, critiche letterarie,
radiodrammi; è considerato uno dei più brillanti scrittori serbi contemporanei, ma in Italia
sono arrivati solo un paio di titoli. Merita attenzione senza dubbio, e spero che questa casa
editrice pugliese continui col suo impegno a farcelo conoscere meglio.

 

Recensione di Chiara Carnio

LA RAGAZZA DAGLI OCCHI DI CENERE Vule Žurić

 

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