IL CENTENARIO CHE SALTÒ DALLA FINESTRA E SCOMPARVE – IL CENTENARIO CHE VOLEVA SALVARE IL MONDO Jonas Jonasson

IL CENTENARIO CHE SALTÒ DALLA FINESTRA E SCOMPARVE - IL CENTENARIO CHE VOLEVA SALVARE IL MONDO Jonas Jonasson

IL CENTENARIO CHE SALTÒ DALLA FINESTRA E SCOMPARVE – IL CENTENARIO CHE VOLEVA SALVARE IL MONDO, di Jonas Jonasson

 

Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve recensioni Libri e news
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Allan Karlsson è un vegliardo alquanto bizzarro e originale. È finito in una casa di riposo per anziani senza volerlo… solo a causa della sua smania di far saltare in aria, con l’esplosivo, ciò che non gli garba, indistintamente, che si tratti di gente, animali o cose… se non quisquilie come un’intera città. È, insomma, un vegliardo eccezionale, con una vita eccezionale e un destino più unico che raro.

 

 

Il romanzo inizia con la festa che in ospizio viene organizzata in suo onore: per un nonnetto che sta per festeggiare il suo centesimo compleanno, nel sonnolento paese di Malmköping, nel Sörmland, in Svezia, è un evento straordinario. Si sono mobilitati addirittura il segretario comunale e un’inviata del giornale locale, più tutti gli ospiti e << il personale capitanato dalla ringhiosa infermiera Alice>> (Cap. I, pag. 7). Il problema però è che proprio il festeggiato non ha intenzione alcuna di parteciparvi. All’insaputa di tutti. Per questo, non pensa ad altro di meglio da fare che scappare! Sì, scappare dalla finestra a 100 anni suonati!

 

 

La finestra della stanza a pianterreno è l’ideale. Giù c’è un’aiuola, non si farà male; per cui, senza pensarci troppo, come aveva sempre fatto nella vita, Allan si lancia in pantofole, ma vestito di giacca e pantaloni, con una modesta somma di corone (la moneta svedese) nel portafogli, si avvia verso un’avventura del tutto imprevista, che, inizialmente, non lo porterà fuori dalla Svezia, suo Paese di nascita, bensì ad arricchire, di ulteriori peripezie, la già sua rocambolesca e avventurosa vita!

Dopo aver riposato quel tanto che basta per riprendersi, Allan, si avvia verso la stazione dei pullman, quasi deserta, in quel giorno di primavera. Gli unici a popolare la sala d’aspetto però sono un omino dall’aria triste, dietro un computer, addetto alla vendita dei biglietti, e un giovane dalla corporatura esile, i capelli biondi, lunghi e unti, la barba incolta e un giubbotto di jeans, sulla cui schiena campeggia la scritta “Never Again”, che armeggia, furioso, contro la maniglia della porta del wc per disabili, con tanto di cartello “Chiuso” affisso e ben visibile. Forse non sa leggere o è straniero… fatto sta che, quella è ostinatamente decisa a resistere al suo assalto.

 

 

Poi, finalmente, il giovane pare accorgersi della porta accanto, che si apre su una stanzetta minuscola e non può ospitare più di una persona adulta alla volta. E il giovane non vuole proprio saperne di separarsi dalla grossa valigia grigia che lo accompagna.

Tutto ciò è stato attentamente osservato, pur senza il minimo interesse, da Allan, che si avvia allo sportello per comprare un biglietto e partire per qualsiasi destinazione, pur di allontanarsi al più presto dalla casa di riposo e dall’arcigna infermiera Alice.

La destinazione risulta essere Strängnäs, col pullman 202, per due motivi: è il primo che parte e il costo del biglietto rientra nelle sue modeste possibilità pecuniarie.

Poi lo coglie il pensiero che nella camera, all’ospizio, non c’è nessuno e che la festa inizia tra 12 minuti, quindi ride di gusto tra sé: chissà che finimondo scoppierà una volta scoperto che il festeggiato se l’è data a gambe!

All’improvviso si accorge che il giovane biondo, e alquantotrasandato, gli si sta avvicinando, trascinandosi dietro l’inseparabile grossa valigia grigia con le rotelle.

 

 

Non voleva parlare con lui. Era troppo rischioso, ma l’incuriosiva la mentalità dei giovani d’oggi…

Senza tante cerimonie, il giovane, interrompendo il flusso dei suoi pensieri, gli fa: << Senti un po’ tu. Devo andare a cagare. Tienimi d’occhio questa >> (pag. 13), finisce alludendo col capo alla sua valigia.

Non reputando particolarmente impegnativo dare uno sguardo a quell’oggetto, Allan accettato l’incarico, lo esorta, educatamente, a far presto, in quanto aspetta il suo pullman in arrivo da un momento all’altro.

Il giovane pare non sentirlo neanche e, avviatosi verso il minuscolo gabinetto, vi si chiude dentro. La cosa non irrita il vegliardo, il quale è, in genere, di buona disposizione, quindi resta in attesa di liberarsi da quell’impiccio e squagliarsela da Malmköping.

 

 

Purtroppo, appena il giovane si è chiuso nella toeletta, il pullman 202 fa la sua comparsa e Allan deve decidere cosa fare, nel giro di pochi secondi.

<< A quanto pare ha le rotelle, >> constata. << E anche una cinghia per tirarla >>.

In brevissimo tempo, Allan si sorprende << a prendere una decisione di capitale importanza >> (pag. 14).

Sul pullman, aiutato dal premuroso e gentile conducente, l’anziano signore si premura di caricare a bordo sé stesso e… la grossa valigia.

La valigia, e il suo contenuto, sono la chiave della vicenda, che si snoda lungo tutto il romanzo. Ma solo leggendolo capirete perché.

Da questo momento Allan sarà protagonista d’eccezione di avventure esilaranti, che lo vedranno sempre al centro di episodi irresistibili, dalle quali colpe non è quasi mai estraneo!

 

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IL CENTENARIO CHE SALTÒ DALLA FINESTRA E SCOMPARVE, di Jonas Jonasson, è stato pubblicato, in Italia, nel 2011 ed è edito da Bompiani.

Nelle sue 446 pagine si snoda la vicenda riguardante l’eccezionale vegliardo, a partire dalla sua fuga dall’ospizio, alternata ai capitoli narranti la sua vita, dalla nascita fino all’assolutamente imprevisto epilogo, che gli farà vivere nuove avventure, mai sperimentate ancora, nonostante l’età, e nuovi colpi di scena, che lo porteranno al ripetersi delle vicende che hanno caratterizzato il suo passato: la sua passione e l’alta esperienza con gli esplosivi.

Sarà proprio questa che gli farà incontrare, a volte casualmente, a volte forzatamente, le più grosse e incisive personalità politiche della storia mondiale del ‘900, a partire dal generale e dittatore spagnolo Franzisco Franco, a svariati presidenti statunitensi, da Mao Dze Dong a Stalin, fino ad approdare in un paradiso indonesiano (Bali), nel quale Allan, in compagnia di un fantomatico, quanto improbabile fratellastro di Albert Einstein, Herbert, – il quale, nonostante l’impressionante somiglianza fisica col genio, sarà tutto fuori che geniale –, che diverrà suo grande amico di sventura/avventura, e con cui vi si stabilirà, per molti anni, fino a nuova convocazione, da parte dell’ennesima potenza di turno, a cui egli non saprà proprio rispondere di no, e lo porterà, ancora una volta, a vivere un inesauribile giro di irripetibili vicende, causate puntualmente dalla sua insopprimibile passione.

 

 

Non svelo il seguito, perché la trama è tutta un susseguirsi di intricate vicende che si sviluppano volta per volta, per non parlare dei personaggi tutti particolari e assolutamente comici, compresi i delinquenti.

Pensate che stavo leggendo questo romanzo in treno, durante un lungo viaggio e, a causa dell’irresistibile comicità e dell’affollamento di persone che si accalcavano, anche in piedi, nei pressi del mio posto (non certo in tempo di covid!), ho smesso di leggerlo, altrimenti non avrei smesso più di ridere e sarei sicuramente passata per matta!

Da questo apprezzatissimo libro è stato tratto, nel 2013, un film per la regia di Felix Herngren con Robert Gustaffson nel ruolo del protagonista, che non ha assolutamente colto lo spirito esilarante e assurdo del contesto, poiché molte parti – tra le più comiche – sono state tagliate, così come diversi personaggi – anche fondamentali – sono letteralmente spariti nel nulla: nel film regna lo stesso gelido freddo che permea il clima svedese di pieno inverno, altro che l’umana comicità che caratterizza Allan e l’intero libro!

 

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Inoltre, nel 2018 è uscita la seconda parte delle avventure di Allan, che Jonasson si è visto richiedere, a gran voce, da pubblico ed editore ed è stato intitolato (in Italia) IL CENTENARIO CHE VOLEVA SALVARE IL MONDO, in cui proseguono le peripezie di questo eccezionale vegliardo che, pur compiendo 101 anni, si trova sempre invischiato, malgrado sé, in qualcosa che ha a che fare con gli esplosivi e le potenze mondiali, le quali, in questo caso, sono addirittura Trump, Kim Jong – un, Angela Merkel e alcuni altri.

Però, per quanto l’autore abbia provato a far rivivere la stessa assurda comicità del primo volume, questa volta i risultati sono più spenti e meno coinvolgenti, anche se i toni paradossali, si riscattano in alcune descrizioni ridicolizzate e fedelmente riportate, su certi, ormai famosi, aspetti caratteriali dei politici su nominati e assegnate al parere di Allan, come, ad esempio, il continuo livore di Kim Jong – un o l’impetuosa impulsività di Trump.

La scrittura è puntualmente fluida e gradevole, ma, a parer mio, priva dello stesso spessore del precedente episodio. Ciò non toglie però che resta sempre una spensierata e benefica lettura di cui, ogni tanto, la mente ha bisogno.

E, per concludere, ecco uno degli esempi di irresistibile comicità del primo volume.

CAPITOLO 8

Martedì 3 maggio – Mercoledì 4 maggio 2005

Dopo la conferenza stampa del pomeriggio, Secchio si era seduto davanti a una birra a pensare, eppure più rifletteva sulla situazione e meno riusciva a capire cosa fosse successo. Bullone si era messo a rapire il vecchietto? O le due cose non avevano niente a che vedere l’una con l’altra? A furia di lambiccarsi il cervello gli venne mal di testa. Decise quindi di smettere e chiamo il Capo per riferirgli che non aveva nulla da riferirgli (NON È UN ERRORE DI TRASCRIZIONE, NÉ DI STAMPA: nel libro è scritto proprio così, per renderlo più umoristico). Ebbe l’ordine di rimanere a Malmköping e attendere nuove istruzioni.

 

 

Conclusa la conversazione, Secchio fu di nuovo solo con la sua birra. La situazione stava diventando troppo confusa, lui continuava a non capire e gli stava tornando il mal di testa. Ripensò ai tempi passati: gli sovvennero gli anni della giovinezza trascorsi nei dintorni di casa.

Secchio aveva intrapreso la sua carriera criminale a Braås, a una ventina di km da dove si trovavano in quel momento Allan e i suoi nuovi amici. Insieme ad altri benpensanti come lui, aveva fondato il club di motociclisti “The Violence”. Era lui il capo, era lui che decideva in quale chiosco sarebbero entrati a rubare depredandolo di sigarette. Era lui che aveva scelto il nome The Violence, La Violenza. Ed era sempre lui che, sfortunatamente, aveva affidato alla sua ragazza il compito di cucire il nome della banda su dieci giubbotti di pelle appena rubati. Si chiamava Isabella e non aveva mai imparato a scrivere correttamente, né in svedese né tanto meno in inglese.

Fu così che riuscì a ricamare sui giubbotti “The Violins”. Dal momento che anche i membri della banda avevano maturato gli stessi gloriosi risultati scolastici senza che nessuna autorità competente fosse intervenuta, non ce ne fu uno che notò l’errore. Immaginatevi quindi il loro stupore quando un giorno arrivò una lettera indirizzata a The Violins di Braås da parte dei responsabili di una sala da concerti di Växjö. Chiedevano se il gruppo fosse appassionato di musica classica, e in quel caso se fosse disposto a comparire in occasione di un concerto tenuto dalla meravigliosa orchestra da camera cittadina Musica Vitae.

La cosa irritò Secchio, che pensò che qualcuno si stesse prendendo gioco di lui, così una notte, lasciando perdere il furto con scasso programmato, puntò su Växjö per scagliare un cubetto di porfido nella hall della sala concerti. Con lo scopo di insegnare ai responsabili un po’ di educazione.

Tutto andò secondo i piani, a eccezione del fatto che il suo guanto di pelle accompagnò il lancio, atterrando insieme al cubetto di porfido nella hall. L’allarme scattò immediatamente, impedendogli di recuperare l’effetto personale.

Rimanere con un guanto solo non fu per niente piacevole. Era in moto, era notte, e gli si congelò una mano rientrando a Braås. Ma il peggio fu che la sfortunata Isabella aveva scritto dentro al guanto nome e indirizzo di Secchio, casomai l’avesse perso. Il mattino dopo la polizia lo prelevò per interrogarlo.

 

 

 

Secchio spiegò di esser stato provocato dai responsabili della sala concerti. Per via di questo episodio l’ascesa di The Violence, che il giornale locale citò come The Violino, si arenò e Secchio divenne lo zimbello di Braås. In preda alla collera decise di incendiare un chiosco anziché accontentarsi di farne saltare la serratura. Il proprietario di origine turco-bulgara, che si era fermato a dormire in magazzino per fare la guardia, riuscì a salvarsi per un pelo. Secchio, che questa volta perse l’altro guanto sul luogo del crimine (completo di nome e indirizzo come il primo), finì poco dopo in galera per la prima volta. Fu lì che incontrò il Capo, oltre che la sua ragazza. A quando pareva entrambi gli portavano iella.

The Violence continuò la sua esistenza, così come i giubbotti di pelle con la scritta sbagliata. Ma la banda cambiò campo d’attività: adesso si dedicava al furto d’auto e alla manomissione dei contachilometri. Soprattutto l’ultima operazione si era rivelata assai lucrativa. Come diceva il nuovo capo, l fratellino di Secchio: “Non c’è niente di più hot di una macchina che dimostra la metà dei suoi chilometri”.

 

 

Secchio aveva mantenuto contatti sporadici con il fratello e la sua vita precedente, ma senza sentirne la mancanza.

“Cazzo”, disse a mo’ di commento alla sua storia.

Era faticoso pensare cose nuove e lo era anche ricordare il passato. Meglio bersi un’altra birra e poi, seguendo gli ordini del Capo, prendere una stanza in albergo >>. (pagg. 95-97)

PERCHÈ LEGGERE IL CENTENARIO

Il primo libro sul centenario, che Jonas Jonasson ha dedicato a suo nonno, è un romanzo leggero e spensierato, poco impegnativo, che va benissimo come lettura d’evasione, un po’ diversa dallo standard, poiché nessuno, credo, si aspetterebbe che il protagonista di una storia sia un vecchietto neanche arzillo, ma un vero e proprio soggetto fuori del comune, perfino a 100 anni compiuti!

Ci aspettiamo, da un protagonista anziano, che sia piuttosto un mezzo rimbambito o vittima di vicende, non del tutto ortodosse, ai suoi danni; che non ricordi più molto bene il presente e racconti, all’infinito, episodi significativi del suo passato, annoiando a morte chi lo ascolta e riascolta…

Ma Allan Karlsson non è niente di tutto questo. Lui è un personaggio strambo, non del tutto corretto, che ama due cose: mangiare e bere alcoolici come l’acquavite, la grappa e la vodka (oltre alla passione, di cui ho già detto). E odia a morte altre due: sentir parlare qualcuno di politica o religione, pur di convincerlo e tirarselo dalla sua parte.

Tutto ciò, tutta la cornice di personaggi che gli ruotano attorno, tutti gli avvenimenti – anche assurdi, in certi casi -, caratterizzano il romanzo, rendendolo una una lettura piacevolmente surreale, che, proprio per questo, è gradevole da leggere. Le 446 pagine, infatti, scorrono molto velocemente, pur se, in qualche passo, s’incagliano un po’, facendo cadere la lettura nella noia e nella voglia di terminarla al più presto.

Non è un capolavoro e tanto meno lo è il secondo, è assodato, ma non per questo i libro di Jonasson non merita di esser letti.

Recensione di Lena Merlina

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