LA LEGGE DEL DESERTO, di Wilbur Smith
Ecco un genere che io associo ai lunghi pomeriggi balneari. Spiaggia, sdraio, ombrellone e questi libri di evasione che ti trasportano in mondi lontanissimi fra avventura e fantasia. Questa volta la lettura è capitata ad ottobre forse proprio per un nostalgico richiamo a quei bei pomeriggi di sole ormai così lontani.
Qui siamo lontani dai romanzi egizi di Wilbur Smith o dal mitico regno di Opet de “l’uccello del sole”. Molto lontani e più vicini ad altri romanzi del tutto inquadrati nel presente e nelle sue contraddizioni.
Siamo Africa, come sempre e i personaggi sono ben delineati e inquadrati. C’è il solito eroe, fascinosa canaglia ammazzacattivi che a Rambo neanche lo vede, c’è lei, bellissima, ricchissima, simpatica e, strano a dirsi per Wilbur Smith, probabilmente progressista; e poi ci sono i cattivi, cattivissimi che più cattivi non si può. Il racconto scorre per oltre quattrocento pagine fra alti e bassi, come nello stile di Wilbur Smith, con grandi accelerazioni e fasi di stanca ma è abbastanza valido. Non certo il migliore che ho letto di questo autore. Tutt’altro.
Forse il problema è proprio il genere. Qui dall’avventura pura e semplice si va verso la guerra e le armi, la violenza indiscriminata. Un po’ troppo. Il racconto diventa quasi grottesco. Wilbur Smith ce l’ha questa cosa nelle sue corde e bisogna aspettarsela.
Leggo su Wikipedia che questo libro è il primo di tre del ciclo di Hector Cross (che poi sarebbe il tipo eroe fascinosa canaglia che sta con la lei-bellissima). Oibò sono indeciso se leggere, prima o poi, anche gli altri due Vendetta di Sangue e La notte del predatore. Aspetto anche un vostro parere in proposito.
Recensione di Stefano Benucci
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