IL CASO ALASKA SANDERS Joel Dicker

IL CASO ALASKA SANDERS, di Joel Dicker (La nave di Teseo – maggio 2022)

 

Recensione 1

Bentornato, Marcus Goldman! Il libro è il seguito de “La verità sul caso Harry Quebert” e chi ha amato il simpatico Marcus Goldman, giovane romanziere catapultato all’improvviso nel mondo dei successi letterari, ( come me) non può non essere contento che lo scrittore ci proponga una sua nuova avventura.

Si tratta di un giallo ambientato due anni dopo la fine delle indagini relative al caso del suo amico Harry Quebert e prima de “Il libro dei Baltimore”, che, pur essendo stato pubblicato anni prima, racconta fatti successivi al caso di Alaska Sanders.

Joel Dicker ha il dono che quasi nessun giallista contemporaneo ha di tenermi incollata alla pagina e il pregio/ difetto di durare solo pochi giorni o anche meno, perché non riesco a staccare gli occhi dalla storia. Mi è successo con Harry Quebert, mi è successo coi Baltimore, che è più terapia individuale che giallo e anche ora con Alaska Sanders ( molto meno con “La scomparsa di Stephanie Mailer”, meno riuscita). Questo dipende dal fatto che sa scrivere ottimi gialli per come li intendo io, con trame costruite bene, avvincenti, ricche di colpi di scena, seminando indizi che mi fanno arrovellare sul possibile colpevole e la possibile conclusione, senza mai risultare prevedibile come molti e non mi delude mai.

Non deve essere un capolavoro della letteratura, un giallo, ma deve sapermi intrattenere e farmi entrare nella storia. Anche stavolta la trama è molto ben costruita e vai in giro con Marcus Goldman a chiederti chi ha ucciso nel 1999 a Mount Pleasant nel New Hampshire una giovane ragazza di nome Alaska che veniva da Salem e voleva fare l’attrice, tra menzogne e false verità, e Harry Quebert sembra improvvisamente riapparire.

Il libro racconta anche il percorso di Marcus per arrivare a quello dei Baltimore. Marcus ha avuto successo ma non ha ancora trovato una sua voce: ha scritto il libro su Quebert per aiutare il suo amico e si occupa del caso di Alaska per aiutare il sergente suo amico nel primo libro, che aveva indagato sulla morte di quella ragazza vent’anni prima e ne aveva tratto conclusioni che sembrano improvvisamente messe in dubbio. Tuttavia una tragedia affligge la sua vita ed è venuto il momento di smettere di aiutare agli altri per non pensare al suo passato e dedicarsi solo al recupero della sua infanzia e adolescenza e dei suoi ricordi, squarciando il velo delle sue illusioni. Deve crescere e accettare il suo passato.

Mi dispiace solo che il libro sia finito così in fretta. Dopo aver finito il libro, viene voglia di chiamare Marcus e chiedergli come va ora, anche sapendo che è impossibile.

Recensione di Eleonora Benassi

Recensione 2

Non avendo particolarmente apprezzato il primo libro di Joël Dicker, “La verità sul caso Harry Quebert”, che è stato a suo tempo un evento letterario con un enorme e strabiliante successo, non avevo più preso in considerazione la lettura degli altri suoi libri usciti dopo il 2012, sino a quando un paio di settimane fa ho visto in biblioteca Il caso Alaska Sanders e mi sono detta: perché non dargli una seconda possibilità?

Ma è valsa la pena leggere questo romanzo, che vede come protagonista lo scrittore Marcus Goldman, già conosciuto nel primo libro e ritrovato successivamente ne Il libro dei Baltimore? Di sicuro è un romanzo che si lascia leggere, anche se è molto appesantito dai diversi salti temporali, dal 1999, anno dell’omicidio di Alaska Sanders, al 2010, con qualche indicazione anche temporalmente successiva sino al 2012 nell’epilogo. Ho trovato però particolarmente fastidioso il continuo richiamo ai romanzi precedenti che, a mio avviso, non è giustificato dal fatto che i protagonisti di quei libri si ritrovino anche qua, né dal fatto che il nostro scrittore-investigatore affronti anche in questa occasione un vecchio caso, avvenuto circa 10 anni prima, assieme al poliziotto che aveva lavorato sul caso che aveva visto coinvolto Harry Quebert , personaggio che pure ricompare anche adesso.

Ne esce una trama in cui, si direbbe in Toscana, “il brodo viene allungato” grazie alle continue interruzioni dovute ad episodi relativi agli altri libri citati, che non c’entrano nulla con il caso, e che poco o nulla aggiungono neppure alla comprensione dell’evoluzione psicologica e sentimentale del protagonista; viene perciò il sospetto che siano una maniera, neppure troppo velata, in cui l’autore fa pubblicità alla sua precedente produzione, in un modo, almeno per me, fastidiosamente auto celebrativo.

Spogliando il romanzo da tutto questo, la storia sarebbe anche avvincente, con vari colpi di scena che spesso mettono in discussione quello che sino a quel momento sembrava accertato, ma ancora una volta Joël Dicker non è riuscito a convincermi del suo talento, per cui continuo ad essere una voce dissonante nel coro di apprezzamenti, che ho visto numerosi in vari gruppi di lettura.

Recensione di Ale Fortebraccio

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