Ho sudato sette camicie, ma l’ho terminato: CENT’ANNI DI SOLITUDINE Gabriel García Márquez

Ho sudato sette camicie, ma l’ho terminato: CENT’ANNI DI SOLITUDINE, di Gabriel García Márquez

 

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Ho appena ultimato la lettura di Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez, sudando sette camicie. Dico questo: se non fosse stato il capolavoro di un Premio Nobel, avrei mollato la saga della famiglia Buendia e l’esotica Macondo a pagina 30.

Sono contenta di aver perseverato, sebbene il romanzo non sia nelle mie corde. La scrittura è veramente eccelsa, evocativa, con una sottile ironia di fondo che ho molto apprezzato. Gli elementi fantastici e favolistici sono ben integrati in un contesto realistico, anche se personalmente ho molta difficoltà con i trip magici/mitici (che so: schiene lastricate di sanguisughe, farfalle gialle in presenza di un dato personaggio, bambini nati con una coda di porco, morti che chiacchierano con i vivi, morti che risorgono, personaggi che ascendono al cielo in un’esplosione di luce ecc.). Più volte sono stata lì lì per abbandonare la lettura.

I personaggi sono ben tratteggiati, in ognuno domina un tratto umano che viene ingigantito. La forza e laboriosità di Ursula, il rancore di Amaranta, la purezza di Remedios, l’intransigenza e bigotteria di Fernanda, l’impulsività di José Arcadio, la riflessività di Aureliano.

Sono entrata più in sintonia con i personaggi femminili, decisamente più con i piedi per terra, che con quelli maschili, troppo bislacchi nei comportamenti e nelle idee.

Non sono certa di aver capito il messaggio di Marquez. Anzi, forse dovrei ammettere di non averlo capito: ho assistito alla tragedia di un’umanità senza speranza, narrata con leggerezza e umorismo. Saremmo noi questa umanità, dove gli uni vivono accanto agli altri, ma ognuno dentro i confini della propria invalicabile solitudine? È la rassegnata disperazione di un umorista per la condizione umana quella che ho letto?

Difficile per me consigliare la lettura di questo romanzo, così lontano dai miei gusti letterari, però mi è impossibile sconsigliarla, perché so che non dimenticherò mai Macondo. Ed è questo il fine ultimo di un romanzo: farsi ricordare. Leggete Cent’anni di solitudine come fosse un sogno (o un incubo, perché talvolta di questo si tratta). Più saprete staccarvi dalla realtà, più lo apprezzerete.

Recensione di Flavia Bor

CENT’ANNI DI SOLITUDINE Gabriel García Márquez

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2 Commenti

  1. Cent’anni di solitudine l’ho letto per la prima volta quando avevo 14 anni. Me lo regalò mio padre, dopo che lui lo aveva letto e ne rimase affascinato. E io lo lessi e fu magia. Leggo molto, dispiacendomi del fatto che non riuscirò mai a leggere tutti i libri che vorrei leggere, ma Cent’anni di solitudine è l’unico libro che periodicamente (circa ogni 10 anni) torno a leggere. E ogni volta me ne innamoro di nuovo, ogni volta è nuovamente magia.

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