Non sempre il detto “non c’è due senza tre” funziona – E L’ECO RISPOSE, di Khaled Hosseini
Se non avessi letto “Il cacciatore di aquiloni” e “Mille splendidi soli“, capolavori assoluti di emozioni, avrei considerato la lettura di questo terzo libro di Hosseini come un romanzo di esordio dalle grandi potenzialità. Tutto qua.
Ma conoscendo la scrittura toccante ed estremamente emozionante dei primi due libri dell’autore, “E l’eco rispose ” è un romanzo che può, dopo la lettura, essere tranquillamente regalato o venduto nelle bancarelle di quartiere.
Niente, non rimane niente. Qualche frasetta d’effetto e nulla più.
Un’accozzaglia di personaggi disarmonici che si aggirano in eventi senza cadenza ritmica e flashback disorientativi, confusionari e inutili.
Manca di intensità, di pathos, e spesso la scrittura risulta affettata da un’immaginazione forzata e da emozioni a comando al fine di suscitare una lacrimazione facile, facile. Storie narrate con una crudezza giornalistica senza coinvolgimento emotivo.
Mi chiedo perché? Perché soffermarsi su una quantità di personaggi che sarebbero dovuti servire soltanto da contorno nella storia dei due protagonisti e che invece diventano a sua volta protagonisti di storie a sé stanti? Bastava sviluppare la storia iniziale di Abdullah e Pari, fratello e sorella separati in giovane età bruscamente dalla miseria e dalla prepotenza, entrare nella loro quotidianità, nelle loro anime, nei loro cuori, lungo gli anni di separazione.
Invece tutto questo spezzare fili per poi ricucirli malamente non mi ha permesso di affezionarmi ai personaggi, che risultano sfuggevoli palline da ping pong impazzite nel tempo e nello spazio.
Vi confesso che ho apprezzato soltanto la prima (strepitosa) e l’ultima parte del romanzo, tutto il resto è solo una brodaglia insapore allungata con acqua: frasi stilizzate, cliché di sensi colpa, insoddisfazioni giovanili, fughe, tradizioni, superstizioni, miseria e ricchezza, guerra e pace, diversità e normalità etc.…Storie a sé stanti legate debolmente dove i lettori sono costretti a una gincana mentale snervante e noiosa addirittura a tratti irritante.
E anche l’ambientazione sfuma tra le nebbie del troppo: Kabul diventa un puntino nero e niente più.
Quando è così, mi chiedo perché, perché bruciare tutto così in una volta.
E sebbene stilisticamente il libro è caratterizzato da un linguaggio chiaro la trama, mi ripeto, risulta ridondante e farraginosa e i contenuti non riescono ad entusiasmare ed avvolgere, tanto da risultare un’eco distorta di quei sentimenti genuini, dolorosi e rabbiosi – sino ad arrivare a turbarti sino alle viscere – dei due libri precedenti.
“Malgrado le difficoltà insormontabili, tutti noi aspettiamo sempre che succeda qualcosa di straordinario”
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