QUALCUNO CON CUI CORRERE, di David Grossman
Ahi ahi, qualcosa non ha funzionato in questo romanzo; qualcosa dentro di me, intendo.
L’ altro che avevo letto qualche mese fa, dello stesso autore, mi aveva letteralmente folgorata ed è per questo che ho deciso di iniziare con lui il nuovo anno; qui però non sono riuscita a decollare.
È stata l’ età.
Il tempo.
I maledetti 40 anni hanno fatto da zavorra.
È un libro ben scritto, elegante, che parla di tre adolescenti.
Le tematiche sono importanti; c’è il sano desiderio di affermarsi come individui unici e originali, l’ insicurezza di personalità che stanno sbocciando e che cercano la loro strada nella vita, il divario generazionale, la devianza.
La storia è ambientata a Gerusalemme, anche se forse si potrebbe dire che di Gerusalemme ce ne sono due: quella dei quartieri per bene, delle famiglie funzionali e dei loro figli che vanno a scuola. E quella qualche passo più in là, dei marciapiedi e degli ostelli fatiscenti, dove trovano rifugio giovani disperati, caduti nella dipendenza da sostanze e nelle reti della malavita organizzata.
“C’è un momento in cui si compie un piccolo passo, si devia di un millimetro dalla solita via, a quel punto si è costretti a posare anche un secondo piede e d’un tratto si finisce su un percorso sconosciuto.”
Questo è un romanzo di giovani e come tale è ricco di idealismo, fratellanza, ingenuità.
Lo avrei adorato 20 anni fa.
Avrei creduto ciecamente che si può essere eroi, se lo si vuole, e si può salvare anche chi non vuole essere salvato.
È una storia di per sé bellissima nella quale, con rammarico, capisco di non potermi più calare.
L’ho ascoltata come avrei ascoltato una favola; è stato bello, un po’ magico, ma irreale.
Come un album di fotografie sbiadite; ha destato ricordi, emozioni ormai lontane, qualche rimpianto, forse.
Ma in fondo che altro deve fare un libro per essere un buon libro, se non metterti di fronte a uno specchio su quello che sei, o che sei stato?
“Un tempo piangevo moltissimo ed ero piena di speranze. Oggi rido parecchio, un riso disilluso.”
Recensione di Nicoletta Tamanini
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