QUADERNO PROIBITO Alba de Cèspedes

QUADERNO PROIBITO, di Alba de Cèspedes (Mondadori)

 

Alba de Cèspedes è stata una donna, scrittrice, giornalista, intellettuale e partigiana… dalla parte delle donne.

Fu censurata dal regime fascista (ben 17 volte), ma neanche il carcere (nel ’35) è riuscito a farle ammettere una colpa che sapeva di non avere.

“Si vergogna di ciò che ha scritto?”, “No!”.

Immagino che rivoluzione sia stato questo libro negli anni ’50 (1952 per l’esattezza).

Valeria, una donna di 43 anni, moglie e madre, lavoratrice “per necessità” (fondamentale sottolinearlo, perché lavorare per una gratificazione personale non era considerato decoroso per una donna), che prende consapevolezza di sé, delle sue paure, dei suoi desideri, della sua rabbia, dei suoi meriti, delle sue fantasie e debolezze grazie ad un quaderno comprato così, d’impulso, senza neanche sapere perché.

Il quaderno è proibito perché il tabaccaio non potrebbe neanche venderglielo di domenica, ma lo fa, e lei sente subito su di sé il peso di un atto trasgressivo.

Proprio lei che ha sempre vissuto e camminato entro i binari prestabiliti, sempre al servizio della famiglia, lei che, da quando è diventata madre, ha perso la propria identità di donna e il proprio nome, “Valeria”, (in quanto anche il marito la chiama “mammà”), lei che non ha mai detto una bugia… inizia a scrivere di nascosto, e finisce per sfogare su quelle pagine dei disagi che ancora non sapeva di avere, scrivendo si accorge di una solitudine così radicata in lei da non essere neanche percepita come tale.

Scrittura come autocoscienza.

Si riscopre diversa, migliore di quello che le hanno fatto credere fino a quel momento: non solo utile al buon funzionamento della famiglia…

Ma capace di pensare!

Eh sì, l’educazione ricevuta e poi il matrimonio, le avevano tolto anche la possibilità di fare quello.

Per carità, Michele, il marito, è un brav’uomo, ma non la vede: la Valeria “domestica” che lava, stira, cucina, educa, è scontata e dovuta, ormai invisibile; la Valeria “donna” invece non esiste proprio più, l’amore fisico è roba per ragazzini.

Ma lei è giovane e lo sa. Lo sente.

“Ci siamo tanto allontanati l’uno dall’altra che non riusciamo neppure a vederci: e andiamo avanti, soli.”

“Michele, quando l’altra sera mi ha sorpreso alzata a tarda ora, ha sospettato, forse, che scrivessi ad un uomo. Non immaginerebbe mai che io tengo un diario: gli è più facile credere che io ubbidisca a un sentimento colpevole, piuttosto che riconoscermi capace di pensare.”

È cresciuta con una madre convinta che le donne non dovessero avere mai un attimo di tregua, di riposo, perché appena si fossero sedute senza far nulla, sarebbero state investite da pensieri che era meglio evitare!

Infelicità tenuta a bada dall’operosità.

Ecco il segreto dei matrimoni riusciti delle nostre mamme, nonne, ecc.

Questo libro è la cronaca di un crollo, lo sbriciolarsi di tutte le impalcature che tenevano in piedi l’idea tradizionale di famiglia.

Sono passati 70 anni dalla pubblicazione di questo romanzo, ma la questione femminile, del ruolo della donna, soprattutto all’interno della famiglia, è ancora attuale.

“Valeria Cossati” è ancora dentro moltissime case, in donne schiacciate da una morale appresa fin da bambine, compresse in un ruolo domestico che le vede sempre e solo al servizio del benessere di qualcun altro, di mariti e figli spesso ciechi di fronte ai loro bisogni, ma sempre pronti a prendere ogni grammo delle loro energie.

Un libro che smuove la Valeria che è in ogni donna (perché c’è, c’è sempre, anche in quelle che lavorano) e che può anche infastidire, amareggiare, proprio per la sua presenza indesiderata.

a grande frustrazione… ma capisco che non poteva andare diversamente, non in quegli anni.

Un tentativo di ribellione soffocato dall’ingombrante e pesantissimo senso di responsabilità.

Ed ecco a voi, signori e signori, la grande regina di tutti i tempi, sua maestà La Rassegnazione.

Recensione di Antonella Russi

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