PREMIO VIAREGGIO 1936: IL RABDOMANTE, di Riccardo Bacchelli
L’ho trovato un bel libro, una prosa all’antica, un dipinto dei vizi e dei peccati delle comunità chiuse a tratti riportati con accenti comico/sarcastici, dove i protagonisti non sono eroi, ma antieroi, e dove a differenziare la colpa sta solo la volontarietà o l’involontarietà del peccato, un libro forse involontariamente morale ma estremamente umano, forse di un umanità stereotipata, ma grande.
Libro non privo di una certa poetica di fondo, che si esplica nelle parole ultime del libro, dove i giochi sono fatti e i nostri personaggi lasciano nel libro chiuso le loro avventure e miserie, e rendendo giustizia e umanità, forse sarcasticamente, a uno dei personaggi principali l’autore scrive: “Da tempo sarà allora estinta la memoria di Teresina Farina del Diavolo, e di Macubino padre, e del Bonanza Junipero Cocconcelli, e degli altri di questa storia, non del rabdomante; com’è giusto che la gloria, se è un sogno, ricompensi la disdetta di coloro che vissero sognando.”
Di Francesco Gorelli
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