PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA  1947: André Gide

PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA  1947: André Gide “per la sua opera artisticamente significativa, nella quale i problemi e le condizioni umane sono stati presentati con un coraggioso amore per la verità e con una appassionata penetrazione psicologica”

I SOTTERRANEI DEL VATICANO, di André Gide

FELIX CULPA. FELIX ERROR.

Ammetto di essermi avvicinato a questo libro con molta apprensione e titubanza per la considerazione del tutto arbitraria e pregiudiziale che avevo dell’Autore: uno scrittore francese “pesante” di fine XIX secolo e del titolo criptico ed allusivo a chissà quali macchinazioni curialesche ed elucubrazioni ideologiche, teologiche , filosofiche e catechistiche, dallo stantio sentore di fumo di ceri agonizzanti in umide sacrestie. Invece è stata una piacevole scoperta, una rivelazione. Tralasciando per il momento il contenuto, la prima cosa che mi è piaciuta e mi ha conquistato è stata la prosa facile, scorrevole, ben costruita, senza essere pretenziosa e pesante, mai banale né superficiale. Aspetto caratterizzante di questa prosa una lieve , costante ironia, che rende piacevole la lettura. Ironia che è quasi il contenuto, il tema di fondo di tutto il romanzo. Il libro parla di un’improbabile incarcerazione e sostituzione del Papa con un altro, secondo la migliore tradizione degli intrighi consumati sul e per il Soglio di Pietro, che getta nello sgomento le anime più ingenue dei cattolici francesi. In questo imbroglio non mancano la Massoneria, abili truffatori che spillano ingenti somme di denaro per la “liberazione del Santo Padre” e ben due omicidi.

 

Uno di questi, magnificando il gesto fine a se stesso dell’omicidio senza motivo, riporta senza veli alle teorie ed alle vicissitudini di Raskolnicov in “ Delitto e castigo” di quel Dostoevskij di cui Gide non celò mai lo studio. Ma è anche una critica al perbenismo di una società borghese rappresentata dal padre, professore di diritto romano, alla quasi moda del Cattolicesimo e dei cattolici francesi dell’epoca e della rigida educazione ricevuta dall’Autore dalla madre. Bigottismo religioso e severità che condizionarono molto la vita e la natura sessuale di Gide, di cui in questo romanzo quasi si libera , evidenziando la sua omosessualità nella cura con cui presenta e leviga il personaggio di Lafcadio, che pare uscire dalla finzione e del quale l’Autore sembra realmente innamorato. Svelamento della propria sessualità cui non deve essere stato estraneo l’incontro con Oscar Wilde ad Algeri nel 1895. Letto così, questo romanzo rappresenta la ribellione di Gide alla sua famiglia, ai suoi presunti valori, alla sua società in modo non urlato, lacerato o disperato , ma elegante, ironico, a tratti dissacrante quasi commedia per evitare la tragedia, di cui nel romanzo sono vittime un ingenuo sprovveduto ed una donna di vita, ma di buoni sentimenti.

Sarebbe bastato solo questo libro ad Andrè Gide per meritare la laurea ad honorem dall’Università di Oxford e il Premio Nobel per la Letteratura.

 

Recensione di Antonio Rondinelli

 

 

L’immoralista e La porta stretta, di André Gide

 

 

Non voglio dirvi il perché questi due romanzi andrebbero letti uno in fila all’altro, come se fossero uno: chi li leggerà , lo capirà da sé.

Non voglio nemmeno cercare di commentare in modo filosofico due romanzi di un filosofo da premio Nobel che ha ispirato alcuni dei più importanti letterati di Francia del secolo scorso. Non ne sarei proprio all’altezza.

Difficile dire qualcosa di non scontato su questi due racconti, qualcosa che non sia né troppo banale né la ripetizione ‘a pappagallo’ di qualche parere autorevole…

Quindi dico che a me hanno trasmesso la convinzione, una volta di più, che in ogni persona, sia che ci appaia dissoluta, perduta, immorale o fin troppo spirituale ci può essere un tormento e un conflitto che nemmeno possiamo immaginare.

E le persone che ci circondano, quelle che amiamo, che ci stanno vicino o fanno un tratto di strada accanto a noi, spesso sono non solo persone in carne e ossa, ma veri e propri specchi di quello che vorremmo raggiungere come individui, o vere e proprie tracce per il nostro cammino, a volte verso la felicità e a volte verso l’autodistruzione. Ma nessuno di esterno ci può veramente aiutare se non noi stessi e la nostra capacità di modellare la vita e farla diventare veramente nostra. Ci vuole coraggio a diventare quello che siamo davvero, nel bene e nel male. E quello che siamo davvero non lo può giudicare nessuno: siamo solo noi che lo possiamo, al limite, constatare.

Mi sono chiesta quali voragini possano mai abitare il cuore di un uomo che sa descrivere bene personaggi così diversi tra loro… abissi profondissimi che sicuramente lo hanno lacerato per tutta la sua vita. Ottima scoperta, che naturalmente vi consiglio, anche per il testo meravigliosamente scorrevole.

André Gide

L’immoralista e

La porta stretta

Recensione di Cristina Acquotti

PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA 1962: John Steinbeck 

PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA 1962: John Steinbeck

L’isola dei tesori, dove gli animali sono preziosi

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