Pinocchio e le bugie. Riflessione sul film di Comencini

Pinocchio e le bugie. Riflessione sul film di Comencini

 

 

 

Riflettiamo sul film di Luigi Comencini (1972) le avventure di Pinocchio, per fare qualche considerazione sul valore imprescindibile della verità. Bisogna sempre dire la verità oppure bisogna fare come Pinocchio con il naso lungo? Qual è il ruolo della maschera sociale e invece quello dell’interiorità? Pinocchio è la storia di un burattino, che diventa magicamente di carne ed ossa. Celebre il film con protagonisti Andrea Balestri e Nino Manfredi (celebre anche l’apparizione di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia nel ruolo del gatto e la volpe). Il film è tratto dall’opera di Collodi (1883). E’ una storia sempre attuale, che riguarda tutti, chi più, chi meno. E’ una storia che tratta temi contemporanei, come il bullismo (Lucignolo), l’imbroglio (il gatto e la volpe), il valore dell’istruzione e della di-strazione (il paese dei balocchi), il ruolo del padre di famiglia (Geppetto), la povertà, il sacrificio e il lavoro (“chi non lavora non mangia”), gli animali e la loro probabile amicizia o inimicizia con gli umani (l’episodio del tonno trasportatore o la balena). Ma tutti ricordano Pinocchio per il tema della disonestà tanto è che spesso si dice “ecco ti è venuto il naso lungo come Pinocchio”.

 

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Il tema della maschera sociale, ovvero di quella pirandelliana maschera che indossiamo in pubblico e di cui spesso i bambini sono sprovvisti (essendo diretti e privi di inibizioni, oltre che di contegno specificamente e tipicamente borghese), è giornaliero, quotidiano, contemporaneo, empirico. Se dicessimo sempre la verità ci sarebbe un mondo migliore? La verità in ogni ambito del sapere si intende. Pinocchio dice le bugie perché è in quella fase della vita in cui si è malleabili, si è facili all’influenza altrui, un po’ come i followers degli influencer. A proposito di internet. Qui, la maschera sociale, si fa sempre più manifesta, le immagini artificiali che spopolano sui social media sono simbolo di un modo di essere che spesso rasenta l’inverosimile, quando nascono dei miti che sono artificiali, falsi. Un mondo in cui il valore della verità è messo in primo piano, è un mondo in cui le cose funzionerebbero meglio, ognuno si farebbe portavoce di uno scrigno di tesori, di emozioni autentiche, di linguaggio diretto.

 

 

 

Non ci sarebbe più bisogno di mentire, perché sarebbe un mondo forse più selvatico, ma indubbiamente sano. Perché si mente allora? Cosa c’è alla base di questo atteggiamento tanto diffuso? Si mente per difendersi, si mente per evitare contrasti, si mente per quieto vivere. Alla base dell’atteggiamento della menzogna c’è quel modus vivendi borghese che vuole un mondo in cui tutto sia opaco, poco chiaro, confuso. Per questo motivo il film Pinocchio è un po’ un memorandum per quelli che ancora si ostinano nell’arte della disonestà; sono disonesti i politicanti durante una campagna elettorale, è disonesto il commerciante che spaccia qualcosa che vale di meno di quello che costa. Probabilmente è una forma di infantilismo che accompagna qualcuno anche nella fase matura della vita. Un vizio. Ma come si fa ad essere sempre sinceri? C’è qualcosa che lo impedisce? Magari non si vuole ferire qualcuno, si mente anche per amore dell’altro, si mente per non ferire il prossimo. Tuttavia quello che è in ballo adesso non è tanto la bugia bianca che si dice per laissez faire, tanto più il valore della verità come principio. E’ una missione, il fine ultimo di una ricerca, la verità filosoficamente intesa. Non è un caso se Pinocchio sia ancora oggi un capolavoro della pedagogia, alla stregua del libro Cuore.

 

 

 

E’ un capolavoro della pedagogia perché si vuole sin dalla tenera età, educare i bambini a dire la verità, a cercarla, come una nave insegue il miraggio di un faro in una notte tempestosa. E’ una pedagogia fondativa che va ad edificare le radici stesse dell’essere umano, le sue credenze, le sue più forti opinioni. In un film francese una volta ascoltai questa frase “tu menti come respiri”. Espressione significativa. Vuol dire che la menzogna spesso è una cosa talmente ovvia e naturale, come se fosse un automatismo che raramente si riesce a scindere in maniera efficace il contenuto di verità da quello che verità non è; se si insegnasse sin da subito a dire il vero e a smontare la maschera sociale, non succederebbe quello che adesso sta succedendo in Ucraina o in Israele, i fatti di cronaca recenti e passati ci informano a sufficienza. Sembrano due cose distanti, la guerra tra Putin e Zelensky  e Pinocchio, eppure sono due cose strettamente connesse. Perché spesso per seguire le conseguenze della maschera sociale, come può essere l’adesione ad un patto di legislazione internazionale, si arriva a conseguenze assurde. Ricordate cosa dicevano al processo di Norimberga i gerarchi nazisti: “mettevo in atto gli ordini che ricevevo”. Li mettevano in atto perché dovevano “rispettare la logica” della maschera sociale. I risultati poi si sono visti. Dire la verità, come ideale regolativo.

Di Giovanni Sacchitelli  

 

 

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