P. P. P. PASOLINI, un segreto italiano Carlo Lucarelli

P. P. P. PASOLINI, un segreto italiano, di Carlo Lucarelli (Rizzoli)

“Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, là dove sembra regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero”
P.P.P.

Carlo Lucarelli conosce Pier Paolo Pasolini nell’estate del 1973, nella casa di campagna della famiglia, aveva 13 anni.

Questa casa museo di ben 22 stanze era praticamente per lui “un videogame grande e a più livelli”.
In una di queste stanze, il piccolo Carlo scova pile e pile di giornali e riviste.
“Steso sul letto a pancia in giù, le gambe all’indietro con le caviglie incrociate sul sedere, come fanno i bambini quando leggono, sfoglio le pagine grandi della rivista, sollevato sui gomiti come una elastica mezza luna”
E’ così che ha incontrato Pasolini per la prima volta.
Il libro di Lucarelli è uno spaccato, un reportage dell’Italia degli Anni di Piombo, un’Italia assuefatta alle stragi, ai morti ammazzati.
Snocciola numeri su numeri: morti per mafia, morti di politica, criminalità comune, omicidi per soldi, passione o rabbia, omicidi seriali, stragi.

“E io, davvero, mica me lo ricordavo quanto fosse facile morire ammazzati nel nostro Paese, in quegli anni, per cui, sì, do i numeri”
Tra questi, nella notte tra l’1 e il 2 novembre del 1975 c’è Pier Paolo Pasolini.
Cos’ha di diverso questo libro da un semplice romanzo/inchiesta? L’anima dello scrittore…questo lo differenzia da un puntuale, preciso e dettagliato reportage di cronaca di quegli anni atroci.
C’è l’anima di Lucarelli, il suo pensiero e la sua vita.
I due racconti vanno di pari passo: le vicende buie del nostro Paese e gli aneddoti e i ricordi familiari di un ragazzo che le ha vissute e sentite raccontare.
La scrittura di Lucarelli è “calda”, avvolgente, empatica, viene fuori il suo essere un grande giallista, un amante del mistero, delle indagini, degli atti giudiziari, delle scene del crimine, i testimoni…e poi c’è la sua ammirazione per Pasolini, per lui
“non un letterato che interpreta la realtà con le chiavi dell’estetica e della poesia, ma uno scrittore civile che è in grado di analizzarla anche concretamente, quella realtà – banalmente, se volete – e raccontarla. Per me era come Luigi Tenco. Sotto le foglie, alla base di tante cose: una radice.”

E c’è il suo scetticismo e l’indignazione per quello che secondo lui non è un mistero italiano ma un segreto italiano…un omicidio politico.
“Per la militanza attiva di chi lo compie e per l’espressione di un modo di concepire chi è diverso, che sia un avversario politico, un fascista, un comunista, un frocio, o una troia, un nemico da cancellare dalla faccia della terra. Un delitto così è COMUNQUE un delitto politico. Qui si fermano le mie certezze”
Buona lettura!

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