
Dal saggio “Il secolo breve” dello storico Eric
Hobsbawm :
“… mentre gli italiani, attraverso il movimento
della Resistenza, potevano così lasciare alle
proprie spalle il ricordo dell’era mussoliniana
con la coscienza a posto, i tedeschi rimasti fedeli al proprio governo fino alla fine, non
poterono frapporre alcuna distanza fra se stessi e l’epoca nazista “
Già, perché? Fu proprio così?
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Quella scritto da Fallada è una storia romanzata, ma ha i connotati del documento storico. Con la fioritura anche tardiva di
testimonianze e scritti sull’argomento, una certa cautela si impone.
Ma di Hans Fallada mi fido per diverse ragioni.
Intanto egli parte da un fatto reale :l’inchiesta
della Gestapo su una coppia di coniugi
sospettati di diffondere lettere anonime contro il nazismo in seguito alla morte in guerra del loro unico figlio. I quali coniugi furono scoperti e giustiziati dopo due anni
di caccia all’uomo.
In secondo luogo lo scrittore fu l’unico alla
epoca dei fatti a non lasciare la Germania per
cui continuo’ a respirare l’aria cupa del regime.
Infine è abbastanza noto che Primo Levi
definì questo libro “il più importante che sia mai stato scritto sulla resistenza al nazismo”.
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Tutto ha inizio quando due modesti coniugi
di mezza età Otto e Anna Quangel ricevono
la notizia che già sappiamo.
Nonostante vengano descritti lei sottomessa
e lui duro, di poche parole e anche di aspetto poco gradevole, e’ chiaro che essi si bastano,
che il loro affetto è profondo tanto che Otto
si tormenta più per la disperazione di lei che
per il figlio perduto per il quale nutriva un tiepido affetto.
Qui Anna sconvolta pronuncia quella frase
“tu e il tuo Führer!” che produce in lui come un risveglio, un soprassalto di dignità.
Così Berlino incomincia ad essere disseminata di lettere che incitano alla ribellione al regime
nazista.
.
.
L’autore soprattutto nella prima parte narra i fatti senza fronzoli e senza retorica ma
paradossalmente questo modo di procedere risulta più incisivo, quasi febbrile.
L’aggettivo “febbrile” mi è venuto d’impulso
assistendo alle prevaricazioni, alla violenza e agli abusi dei funzionari della Gestapo.
E’ stato davvero troppo per non esserne dolorosamente coinvolti.
E ancora, la popolazione in quel clima di paura diventata anch’essa egoista, sospettosa, delatrice, indifferente verso gli altri.
Ma Otto e Anna non sono soli. Il risveglio si fa largo anche per altri, la giovane Trudel, piccoli gruppi (Weisse Rose qui non viene citato), il
prete del carcere, il prof. Reichardt…
Così, senza pretese da storico, ma da lettrice curiosa, noto la differenza tra la Resistenza italiana e tedesca. Mentre in Italia si formò grazie all’iniziativa di giovani acculturati e
organizzati in un movimento, i tedeschi, oppressi da quel clima di sospetto, contestano in modo più sporadico e per motivi occasionali, spesso privati.
Fu la Resistenza degli “ultimi”.
Ma sapere che questi tentativi ci sono stati
sfatando il luogo comune che Hitler non ebbe oppositori, è per me consolatorio.
Per l’ultima parte-più incalzante – rimando alla lettura dove attraverso le parole del prof.
Reichardt sarà anche più chiaro il significato del titolo.
Un libro impegnativo, certo, ma da non
dimenticare.
Recensione di Ornella Panaro
OGNUNO MUORE SOLO Hans Fallada
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