MASCHIO BIANCO ETERO, di John Niven (Einaudi)
Con una lentezza per me inusuale, ho iniziato “Maschio Bianco Etero” di John Niven.
Preso perché lui mi fa sorridere, mi fa riflettere, ma mi diverte tanto: è l’ideale quando vuoi tirarti su il morale. E invece…
E invece questo romanzo, bellissimo, fa male, è doloroso.
“Non possiamo riportare indietro l’orologio, anche per pochi minuti?“
La vita di un quarantenne vista e vissuta dallo stesso protagonista come fosse uno schema narrativo; una sceneggiatura con i suoi atti. E il primo e il secondo atto vanno bene, camminano da sé, ma al terzo atto qualcosa si incrina. Un percorso a ritroso nelle scelte fatte, nelle motivazioni di quelle scelte; il disagio mascherato da un benessere fittizio. L’irlandese egocentrico ed eccessivo, Kennedy Marr è un personaggio che fa breccia dentro di noi, anche se è pessimo, anche se non vorremmo somigliare a lui e rinunciare a quello cui lui ha rinunciato, è una figura che non si dimentica. Perché quella che sembra la sua autodistruzione si tocca con mano, quella inquietudine la percepiamo addosso, grazie alla grande penna di Niven.
Costretta a letto, l’ho poi finito in un lampo.
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