MADAME VITTI Marco Cosentino  Domenico Dodaro

MADAME VITTI, di Marco Cosentino  Domenico Dodaro (Sellerio)

 

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“Sono dubbi destinatari a rimanere sospesi. Annette non gliene parlerà mai e lei, per quanto curiosa, del segreto della sorella ha profondo rispetto: sa che di tutto l’amore che attraversa il mondo solo una piccolissima pare può essere raccontata.”

Un giovane uomo, facendo dei lavori nella casa di famiglia ereditata dal padre, trova, nascosti tra le tavole e il tetto, trentanove disegni e alcuni quadri a olio. Incuriosito, inizia a fare ricerche, e così riporta alla luce una storia dimenticata, quella di una delle sorelle del suo bisnonno, Maria Caira.

Maria Caira era nata nel 1872 a Gallinaro, un paese della bassa Ciociaria, e insieme alla sua famiglia e a molti compaesani, nel 1887 prese quel canale migratorio già esistente che collegava la Val di Comino alla Francia. Una volta giunti a Parigi, Maria, suo padre, suo fratello, per sbarcare il lunario iniziarono a posare come modelli per i numerosi pittori che allora lavoravano nella capitale francese, i quali prediligevano i modelli italiani, quelli ciociari in particolare. Maria entrò così nell’ambiente dell’arte, posò per quadri e sculture che oggi sono conservati nei più grandi musei del mondo, e non si tirò indietro di fronte a certi compromessi, pur di guadagnare. A sedici anni si sposò con Cesare Vitti, un ragazzo di Atina anche lui emigrato in Francia, anche lui modello.

Maria, frequentando il mondo dell’arte, si rese conto che in tutte le accademie parigine i posti per le donne erano pochissimi, e comunque alle donne erano preclusi gli studi anatomici e la pittura dal vivo del corpo umano: praticamente, le modelle e i modelli potevano posare, nudi o vestiti, solo per gli allievi maschi.

Maria era semianalfabeta, povera, ma molto intelligente, e con uno spiccato spirito imprenditoriale, una sfrenata ambizione e una grande voglia di riscatto. Decise che sarebbe stata lei ad aprire la prima accademia di Belle Arti riservata alle donne. Riuscì a convincere il marito, fece di tutto per trovare il denaro ed infine, nel 1890, aprì i battenti l’Academie Vitti. Formalmente il proprietario era Cesare Vitti, ma l’anima e la guida della scuola era Maria, che, instancabile, lavorò senza sosta per far conoscere l’accademia, avere i migliori maestri (come Gauguin, suo amico), avere successo, avere denaro, diventare una personalità nell’ambiente artistico parigino.

Se in ambito professionale Maria era imbattibile, la sua vita privata non fu certo costellata di successi: il marito Cesare, invidioso della sua abilità e della sua intelligenza, gliela fece pagare tradendola continuamente, anche con la sua sorella minore, Giacinta, che si innamorò di lui e lo rimase per tutta la vita. Gli stessi rapporti con le sue sorelle, Annette e Giacinta, furono di grande amore ma anche pieni di gelosie, ambiguità, rivalità.

Ad un certo punto, Maria decise, all’improvviso, di chiudere l’accademia e tornare in Italia, ad Atina, dove aveva comprato un podere assieme a Cesare. Voleva che i compaesani vedessero cosa era diventata, i vestiti, i mobili lussuosi, quel senso di rivalsa che sempre prende chi è nato molto povero e si è arricchito con le proprie forze.

Sarà un errore. Lei e Giacinta non verranno mai accettate dalla piccola comunità rurale, troppo diverse, e subiranno insulti e angherie.

Maria sarà l’ultima a morire, dopo Cesare e Giacinta, in miseria.

Oggi ad Atina si può visitare la Casa Museo Academie Vitti, fondato da Cesare Erario, il giovane uomo che trovò i disegni tra le tavole e il tetto, mentre ristrutturava la sua casa, che tanti anni prima era stata la casa di Maria.

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