L’ONDA NERA. Un caso siciliano per Libero Russo Davide Pappalardo

L’ONDA NERA. Un caso siciliano per Libero Russo, di Davide Pappalardo (Pendragon – marzo 2024)

Ho amato Libero Russo da quando l’ho incontrato per la prima volta, alla ricerca di Sandra Poggi (Che fine ha fatto Sandra Poggi), una vecchia indagine che mi ha fatto conoscere un giovane investigatore privato, affascinante ma non bello, intrigante, un po’ hippy, decisamente fuori da ogni schema.

E ora me lo ritrovo quasi ottantenne, affaticato, sovrappeso, malato, a causa della sua vita fatta anche di eccessi, di buon cibo e soprattutto di buon vino.

Libero non ha perso però la sua grande vitalità e soprattutto la sua curiosità e ricerca della verità.

E’ praticamente in pensione quando viene chiamato dai pronipoti per tornare nella sua terra d’origine, la Sicilia, di cui non sentiva neanche troppo la mancanza, per andare alla ricerca di una Venere, una statua trafugata in un’area archeologica dell’Etna.

Ci arriva con i suoi modi, un po’ burberi, coloriti, per niente delicati e diplomatici.

 

 

 

 

Libero Russo è diretto, nel parlare e nell’agire, non si lascia intimorire dai malavitosi che incontra nei bar, durante le indagini, né dai mafiosi della zona, con cui inevitabilmente entra in contatto. Né si lascia influenzare dal forte razzismo e dai pesanti pregiudizi che incontra.

Non sarà naturalmente da solo alla ricerca di questa Venere dell’Etna: guiderà un gruppo decisamente sui generis, fatto di un amante degli Abba, una vedova che gli farà riscoprire di avere un cuore, un rider senza arte né parte, e una avvenente ragazza di origini rom esperta d’arte antica.

Gli elementi ci sono tutti, ma se poi a questi si aggiunge il meraviglioso dialetto siciliano, i colori di questa terra, crocevia di millenarie popolazioni, i profumi dei suoi cibi, il gioco è fatto.

La storia segue il ritmo di Libero, a volte irruento per via del suo carattere forte e determinato, a volte più lento per via dell’età e della salute.

E segue il ritmo delle canzoni degli Abba, che fanno da colonna sonora…impossibile non canticchiarle nella testa mentre si seguono le vicende di questa squadra sbilenca.

Davide è proprio a suo agio nel descrivere la sua terra, si percepisce l’amore per le sue tradizioni e contraddizioni.

 

 

Ho fatto il tifo per Libero fino alla fine, naturalmente, cercando di non farmi travolgere dall’onda nera che alla fine inevitabilmente arriva, sempre…ma che lascia comunque uno spiraglio, una nuova via d’uscita.

“L’Etna è madre. Vengo e mi spiego. Io da qua la benedico ogni sera per lo spettacolo che mi offre ogni santo giorno. Questa terra è ricca ma non lo capisce nessuno. Ed è ricca grazie a lei, a mamma Etna.”

 

Recensione di Cristina Costa

 

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