LIBERTÀ DI STAMPA: lo stato di salute dell’informazione è pessimo!

LIBERTÀ DI STAMPA: lo stato di salute dell’informazione è pessimo!

La libertà di stampa e la sua qualità dipendono dal livello di autonomia che un editore ha rispetto a chi paga la pubblicità sul suo giornale e anche rispetto a chi finanzia la sua attività editoriale acquistando i suoi servizi.

C’è un’idea di giornalismo fondata esclusivamente sulle veline, sui comunicati stampa e sul grufolare nei social, come cinghiali in cerca di spazzatura commestibile.

Se a questo si aggiunge la precarietà in cui svolgono la professione molti giornalisti, sottopagati dagli editori, sfruttati dai direttori dei giornali, e a volte, anche da giornalisti professionisti, che pur vantando contratti a tempo indeterminato, ordinano agli ascari della penna, la scrittura del pezzo a-la-carte, il quadro è piuttosto desolante.

Oggi, lo stato di salute dell’informazione è pessimo, sia che si parli dei grandi quotidiani nazionali che delle piccole testate locali online. Un articolo, se viene pagato, non rende più di 5 euro lordi, al precario che lo ha redatto.

In queste condizioni, chi garantisce la libertà dell’informazione? Chi scrive per passione, perché tanto ha un altro lavoro? Forse, ma fino ad un certo punto, perché comunque, anche quest’ultimo deve combattere con gli ostacoli che, non di rado, l’editore oppone alla pubblicazione.

Certi pezzi potrebbero dar fastidio al tal Sindaco del tal piccolo borgo di montagna, per esempio. Parliamo di sciatteria ideale, qui non si tratta di mettersi contro la potente multinazionale di turno, si razzola molto più raso terra.

Poi, c’è chi si piega alle logiche del così detto mercato della notizia, che vede giornalisti precari, rassegnati a scrivere articoli per la vanagloria di leggere la propria firma su un giornale. Lo capirei solo si trattasse di scrivere per il Washington Post.

E per arrotondare, il povero tapino che sognava il Pulitzer, va a fare l’addetto stampa in qualche piccolo comune scalcagnato che, grasso che cola, gli offre un contratto a termine per curare la comunicazione istituzionale.

Frase rotonda e di spessore che però non descrive altro che l’attività di ruminare post e commenti sui social, a difesa della buona immagine dell’ente locale che elargisce la misera paga al bracciante avventizio della tastiera.

Di Alfio Di Battista

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