LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA a cura di P. Malvezzi G. Pirelli

LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA a cura di P. Malvezzi G. Pirelli Recensioni Libri e News

LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA a cura di P. Malvezzi G. Pirelli

II curatori si definiscono compilatori. Nella loro nota introduttiva non dicono quanto tempo, dolore e fatica è costato loro mettere insieme tutte le lettere che compongono questo libro.

LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA a cura di P. Malvezzi G. Pirelli Recensioni Libri e NewsParlano invece dell’immenso lavoro di ricerca, della metodologia seguita, delle tantissime persone e associazioni che sono intervenute in tutti i paesi contribuendo alla realizzazione del progetto.

Gli autori sono stati coinvolti personalmente nella lotta antifascista e quest’opera è una testimonianza unica dal valore inestimabile, non è un mero lavoro compilativo, è molto di più, è un grido collettivo di speranza che s’innalza dal secolo scorso per giungere a noi e ricordarci quante giovani vite sono state spezzate agli albori della vita.

Purtroppo la nostra epoca è testimone, sì, di muri che cadono, come quello di Berlino, di cui si è molto parlato in questi giorni, alla ricorrenza del trentesimo anno dalla sua demolizione, ma è anche testimone di orrori, che non sto ad elencare (troppi sarebbero), che si compiono ancora in nome dell’antisemitismo, del fascismo, dell’odio e della violenza.

Piero Malvezzi (Torino, 27 novembre 1916 – Parella, 29 settembre 1987) è stato uno scrittore, partigiano, attivista politico italiano, che ha perso una gamba in guerra e successivamente si è impegnato nella resistenza antifascista italiana. Grande studioso delle testimonianze e delle voci delle vittime della guerra ha curato, oltre a questa, altre raccolte di lettere di condannati a morte, italiani e ebrei.

 

Giovanni Pirelli (Velate, 3 agosto 1918 – Genova, 3 aprile 1973) è stato uno scrittore e uomo di cultura italiano. Pur essendo il figlio primogenito di Alberto Pirelli e nipote del senatore Giovanni Battista, Giovanni lasciò al fratello minore Leopoldo il compito di guidare l’impresa di famiglia e dedicò la sua vita alla politica, alla scrittura, alla riflessione storica. Durante la seconda guerra mondiale, in coerenza con le sue idee socialiste, fu un valoroso comandante partigiano. Nel dopoguerra si dedicò soprattutto alle sue attività di scrittore politico e impegnato, perdendo la vita a soli 55 anni, in seguito a un grave incidente stradale.

 

I due curatori hanno raccolto e selezionato una quantità di lettere incredibile, scegliendole, hanno deciso di presentarle per paese di origine, con una introduzione storica per ogni paese e una piccola biografia per ogni testimonianza scritta, ricordando che per ogni lettera qui riportata ce ne sono migliaia che non sono state mai scritte, perché non vi fu il tempo. Pensate, una lettera fu persino imparata a memoria dal compagno di cella, che se la mangiò e la recitò tale e quale, dopo la guerra, ai familiari.

L’insieme delle “Lettere di condannati a morte della resistenza europea” è, come dice Thomas Mann nella prefazione, un “monumento”, che ci ricorda il racconto di Lev Tolstoj, “Divino e umano”. Il racconto narra gli ultimi giorni di uno studente dell’Università di Odessa, Svetlogup, che, implicato per patriottismo e imprudenza giovanile, in una cospirazione politica, è condannato a morte per impiccagione. Siamo alla fine dell’Ottocento, ma le tematiche del racconto sono le stesse che ritroviamo in queste lettere. Il dramma è lo stesso: la vita che viene tolta ingiustamente, il desiderio di esprimere gli ultimi pensieri, di testimoniare alle persone amate la propria fede nella giustizia, la propria innocenza, di chiedere perdono per aver causato questo dolore.

«Perdonami, cara mamma, perdona che purtroppo ho dovuto darti questo dolore», (p.23) scrive il 10 novembre 1942 (77 anni fa), l’austriaco Franzl Mittendorfer, arrestato il 19 febbraio 1941 dalla Gestapo, decapitato a Vienna poco dopo aver scritto alla madre, con altri dieci compagni.

Un’altra lettera, invece, testimonia nonostante tutto gioia, e vuole generare sorrisi, emozioni liete. Così scrive Walter Kämpf, 23 anni, decapitato il 2 novembre 1943: «Siate sicuri che con il sorriso e con il cuore lieto mi avvierò alla morte. Eppure mi sarebbe piaciuto di continuare a vivere, Checché ne sia, la vita è pur bella come diceva Goethe.» (p.54)
Torturato e fucilato a Sofia nel 1943, così scrive il bulgaro Anton Popov di soli 26 anni: «io muoio per un mondo che splenderà con luce tanto forte, con tale bellezza che il mio stesso sacrificio è nulla.» (p.129). Invece dalla Cecoslovacchia giunge una testimonianza agghiacciante di alcuni bambini, che dopo la distruzione del loro paese Lidice, scomparvero. Erano in 98, i bambini portati in Polonia, solo 9 sopravvissero.

«Fateci sapere cos’è successo a Lidice. Inviate qualcosa che si conservi a lungo. Siamo qui tutti bambini del paese. Non sappiamo dove sono i nostri genitori. Spediteci pure qualche abito e scarpe. Soprattutto se potete almeno un pezzo di pane, ne abbiamo bisogno.» (p.176)

In Francia, fra le scritte ritrovate sulle mura delle celle nelle prigioni di Fresnes, così è stato letto nella cella n° 148 del 2° raggio: «Sogni di essere liberato dagli Alleati? Hai le budella affamate? Hai fame di una sigaretta? Se così – non ci pensare più. Fa tutto parte del gioco.» (p.276)

Un’altra testimonianza ci giunge dalla Grecia, Dimitra, seviziata e fucilata a Larissa: «mammina, perdi una figlia che non ti apparteneva, perché apparteneva prima di tutto alla Grecia. Con la mia morte diventano figlie tue tutte le figlie di Grecia, e tu diventi mamma del mondo intero, di tutti i popoli che combattono per la liberà, la giustizia, l’umanità.» (p.455)
Lo studente in legge, Giancarlo Puecher Passavalli di Milano, partigiano fucilato a Como a soli vent’anni, «perdono a coloro che mi giustiziano perché non sanno quello che fanno e non sanno che l’uccidersi tra fratelli non produrrà mai concordia.» (p.486)

 

«Sarò sempre con voi», è questo il pensiero che domina, ci dice Thomas Mann nella prefazione. Non importa se aderenti a una religione o no. La fede salva. La fede nella giustizia delle proprie azioni. Come dichiara la belga Fernande Volral nella sua ultima ora: «Ho sempre mantenuto le mie convinzioni, sono sempre rimasta atea.» (p.104). Come sottolinea Mann «dove ci sono amore, fede e speranza, là c’è anche religione» (p.IX). Queste lettere, oltre a essere una testimonianza storica da conservare contro l’insorgere di nuove barbarie, sono lezioni fondamentali d’amore e di speranza, di saggezza e di civiltà umana. Da leggere, da far leggere, da ricordare e da far  ricordare.

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