LE LINEE ROSSE Federico Rampini

LE LINEE ROSSE, di Federico Rampini

 

LE LINEE ROSSE Federico Rampini

 

Trovato in un mercatino dell’usato, pagato un quinto del prezzo di copertina, ho preso questo libro solo perché praticamente intonso, forse nemmeno sfogliato, poiché diffido degli opinionisti, delle persone note per comparsate televisive e dei giornalisti (quasi tutti, ormai) che scrivono libri; ovvia eccezione per E. Biagi, U. Eco, T. Terzani, C. Augias, G. Bocca e pochissimi altri. Forse la definizione di saggio è troppo generosa, comunque queste 455 pagine sono più di un dossier o di una serie di articoli staccati, pubblicati in tempi e su giornali diversi, le considero un racconto che unisce e collega varie esperienze professionali dell’Autore.

 

 

Egli propone interessanti e documentate analisi su fenomeni economici, sociali, politici, culturali dei nostri giorni (edizione 2017) e sui rapporti di collaborazione-competizione tra gli Stati. Mette in luce falsità e ipocrisie dei giganti della Silicon Valley, parla di antropocene, di Cindia, accenna alla decrescita felice e ad altri fenomeni spesso presentati con una luce monocolore, si sforza di vedere anche “l’altra faccia della medaglia” di fenomeni e personaggi della scena mondiale, evidenziando, per esempio, quanto della deprecabile politica di D. Trump sia stato avviato o almeno preparato da B. Obama e da altri presidenti democratici degli USA; spiega con prosa tranquilla ciò che i TG e i servizi televisivi dicono sempre in fretta e superficialmente.

 

 

Il libro è un’analisi che non si conclude con una ricetta o soluzioni personali. Si nota lo sforzo di obiettività perseguita (quella assoluta non esiste) da Rampini, di cui poi si intravede la personalità nell’accenno a “buone letture” e nel compiacimento un po’ narcisistico con troppi “io”, riferimenti e citazioni famigliari e della sua vita di uomo cosmopolita, vivendo ed essendo vissuto un varie città del mondo. Ma gli va anche dato atto della sua onestà intellettuale, quando quasi premette di provenire da quella formidabile specie di “polli di batteria”(definizione personale, senza alcuna connotazione denigratoria, semmai di ammirazione), giovani intellettuali, che il PCI formò negli anni ’60/70. Anche questo avviene con sobrietà.

 

 

Caratteristica stilistica del libro: ogni capitolo è preceduto da una breve sintesi-introduzione sullo stile aulico dei capitoli de “Il nome della rosa”. Il mio giudizio finale? Un buon libro, che mi ha chiarito cose che conoscevo superficialmente o che ignoravo del tutto. Un ringraziamento a chi me lo ha fatto trovare al mercatino dell’usato.

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