LA MANO, di Georges Simenon (Adelphi – giugno 2021)
Donald Dodd vive se stesso come il prototipo dell’individuo scialbo, senza azzardi e senza audacia: “Le mie giornate si svolgevano secondo una routine ben precisa e alla quale ero affezionato. C’era un’ora per ogni cosa, quasi per ogni gesto”.
Non che tutto questo gli abbia impedito una vita agiata da avvocato, però nel torpore della sonnolenta provincia americana, senza allontanarsi troppo dal luogo dov’era nato e dove il ruvido padre, ormai vecchio, è da sempre fedele al medesimo lavoro. Ed è lì che Donald si è creato una famiglia normale: due figlie adolescenti e Isabel, una moglie ben scelta, da quasi vent’anni vestale silenziosa ed attenta di quella ordinaria quotidianità.
Ma Donald, dentro di sé, invidia sino al rancore più irragionevole l’uomo che non riesce ad essere, come al contrario gli appare il suo amico d’infanzia Ray, che, sbarcato a New York, ha fatto fortuna capace di sedurre e ghermire senza i turbamenti della morale.
Un odio che si manifesta quando Donald, nascondendosi in un fienile ed evitando di andarlo a cercare, lascia che Ray, smarritosi dietro di lui in una devastante bufera di neve, perisca nella tormenta.
Chi è Donald Dodd? È l’uomo che, grazie all’evento che ha sconvolto il suo mondo, pensa di comportarsi come Ray e riesce a svelare un altro se stesso? Oppure è quello di sempre, destinato prima o poi ad essere riassorbito dalle attese vincenti della morale comune, sotto lo sguardo taciturno della austera Isabel che tutto ha intuito e che sa aspettare?
Ma è sufficiente aspettare perché quella casella impazzita, reclamata dalla vita che l’ha generata, venga restituita intatta al posto che le era destinato? Chissà se si può riuscire a tornare davvero quelli di prima, come se nulla fosse accaduto, chissà se le colpe sono soltanto di alcuni: quale prezzo dovrà essere pagato dal protagonista di questo splendido e profondo libro di Georges Simenon, pubblicato solo di recente in Italia, scritto nel 1968 e tuttavia attualissimo?
“È molto più buio quando si spegne una luce di quanto lo sarebbe stato se non avesse mai brillato” (John Steinbeck – L’inverno del nostro scontento).
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