LA GIOSTRA DEI CRICETI, di Antonio Manzini
Antonio Manzini ha scalato la classifica dei libri più venduti italiani, con “Rien ne va plus”, e il vicequestore, Rocco Schiavone alle prese con un altro assassinio. Non è di questo libro che vi parlerò (non l’ho ancor letto, anche se l’ho già regalato a due persone, una di queste in casa, e quindi, prima o poi, lo leggerò).
Ritorno indietro nella carriera di Manzini e vado a riprendere la sua “Giostra dei criceti”, un libro che ho regalato a tanti amici, dopo che un mio caro amico di Roma se ‘l’era regalato’ per il suo compleanno. Mi aveva incuriositi il titolo. Mi facevano tenerezza i criceti.
Tutt’altro che tenero, il primo romanzo del Manzini è un prodotto della mia generazione e ha sullo sfondo il rancore nei confronti delle generazioni precedenti (al potere) dei giovani che ormai includono anche i trentenni / quarantenni. In una società priva del senso di comunità, ognuno cerca di fare il proprio interesse calpestando senza troppi scrupoli gli altri.
È così che si muovono i personaggi/ criceti di Manzini. Tutti in attesa o in cerca della svolta, ovvero dell’evento che cambierà la loro vita. Avete visto i criceti che corrono nella ruota? Una corsa folle, senza meta e senza scopo, alla disperata e inutile ricerca di non si sa cosa.
Filo conduttore di tutta la narrazione sono le storie delle persone comuni: un turbinio di avventure e disavventure di quelli che potremmo definire gli “sfigati”, quelle persone a cui la vita non ha mai regalato niente, che vivono in sordina e che oscillano tra rassegnazione e desiderio di evasione da una vita che non riconoscono come la loro. Sono tutti alla ricerca del colpo grosso, quello che sistema per sempre.
La vita ha davvero poco da offrire e per tutti non resta che aggrapparsi allo stesso sogno: il colpaccio, quella svolta capace di capovolgere lo status vivendi. La ricchezza, l’agiatezza e l’ozio però, si sa, hanno un prezzo; e allora cosa saremmo disposti a fare pur di includerli nella nostra quotidianità?
Questo è quanto i protagonisti di questo romanzo indagano, trascinando i lettori a farne altrettanto; un quesito importante che sa far vacillare e mettere alla prova.
La storia raccontata restituisce un’immagine della nostra società, dove ognuno di noi può riconoscersi in quel criceto costretto a girare nella sua ruota, in una costante corsa statica, nella consapevolezza della pochezza della propria esistenza.
Riguardo al conflitto generazionale l’autore non prende una posizione precisa. Le anziane pensionate risultano antipatiche, prevaricatrici e concentrate egocentricamente su se stesse.
I giovani, d’altra parte, non sembrano minimamente migliori degli anziani. In un paese che ha perso l’etica, “La giostra dei criceti” è satira sociale, suspense, gioco a incastro, noir, ma anche connubio di tragicità e comicità in grado di stupire il lettore, una storia dei nostri giorni, del nostro tempo.
Di morti di fame. Di morti assassinati. «Siamo carne da cannone, aveva detto René. Era vero. Carne da cannone. Gente che muore senza un senso, senza un’utilità. Che ha vissuto senza sapere, e senza sapere se ne va».
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