IO SONO UN GATTO Natsume Sōseki (Beat)
Recensione 1
Tokio, 1905. Siamo in piena epoca Meiji, il Giappone sta iniziando la sua corsa all’occidentalizzazione, che finirà per trasformare il paese in modo profondo. Tale trasformazione, ancora agli inizi, è analizzata con umorismo, ma anche con profondo pessimismo, da un gatto che vive presso un professore d’inglese.
I protagonisti del romanzo passano il loro tempo conversando, componendo poesie e discutendo di filosofia, allo stesso modo in cui lo passavano i nobili dei romanzi dell’epoca Heian, spesso citati, ma l’autore mette in ridicolo queste pose estetizzanti attraverso il buffo giudizio del gatto che riconosce nelle azioni del Professore e dai suoi amici, l’insensatezza e la contraddizione insite nel nuovo corso: questi esercizi sono meri passatempi, poiché ormai il ruolo che fu degli intellettuali e dei samurai, la casta privilegiata, è stato assunto dagli uomini d’affari e la ricerca di una collocazione nella società assume il surreale e divertente aspetto di una biglia da limare per 10 anni.
Capolavoro della letteratura Giapponese, ma anche della letteratura del sec. XX, Io Sono un Gatto esprime il disagio, l’incapacità di adattarsi al mondo che cambia, e su tale cambiamento l’autore dà un giudizio fondamentalmente negativo, sancendo una volta per tutte la fine di certi stereotipi letterari e aprendo così le porte ad una nuova forma di romanzo, che verrà ulteriormente sviluppata e modellata da scrittori come Kawabata e Mishima, ma anche Oe e Murakami.
Una lettura non facile, ma di grande impatto, che permette tra l’altro di scoprire il personalissimo stile di questo grande grande scrittore, autore anche di altri romanzi e di splendidi haiku.
Recensione di Valentina Leoni
Recensione 2
Un classico della letteratura giapponese, pubblicato per la prima volta nel 1905, verso la fine del periodo Meiji, nel quale il Giappone incominciò ad aprirsi all’occidente. La storia è ambientata in questo periodo particolare, dove tradizione e modernità convivono.
Simpatica ed innovativa l’idea di lasciare la parola al gatto, peraltro senza nome, vero protagonista e, secondo me, alter ego dell’autore che, grazie alla possibilità di sgattaiolare indisturbato, osserva, esamina, razionalizza e ironizza sulle debolezze umane con un marcato orientamento zen, un raffinato intuito, una vivace intelligenza e una buona dose di sarcasmo. Il giudizio del gatto sugli esseri umani è, giustamente, alquanto desolante: gli occhi felini vedono la nostra crudeltà, ingiustizia, piccolezza, codardia e tanto altro. Il divertimento è assicurato dalla capacità del gatto di filosofeggiare su tutto, dai dettagli più insignificanti, la lunghezza del naso, ai massimi sistemi. Lui stesso ci avvisa di questo:
“Ogni mia parola, ogni frase contengono una considerazione sui massimi sistemi, e connettendo l’una all’altra dall’inizio alla fine si troverà un nesso che farà luce sull’opera intera.”
Uno stile profondamente moderno rende la lettura un vero piacere. I personaggi sono uno più bizzarro dell’altro, a partire da Kushami, il padrone di casa, un insignificante professore, svogliato, affetto da dispepsia, costantemente tentato da imprese bizzare che, inevitabilmente, non porta mai a termine. Attorno a lui e alla sua casa ruotano una serie di personaggi altrettanto buffi, tra cui spiccano Meitei, il suo vecchio amico di studi, maleducato, presuntuoso, sfrontato, e sempre pronto a farsi gioco di tutto e tutti; l’ex allievo Kangetsu, il “limatore di biglie”, grande ammiratore di Kushami, ma noioso e ridicolo; Dokesun, uno stravagante filosofo che crede di aver raggiunto lo zen. La famiglia Kaneda, con un padre imprenditore senza scrupoli, una madre spocchiosa e una figlia viziata, rappresenta la modernità dilagante e abbruttente della nuova borghesia arricchita.
Nonostante la lunghezza e la mancanza di una vera e propria trama, difficilmente mi sono annoiata partecipando alle insensate discussioni dei protagonisti, alle scene di vita quotidiana, agli scherzi di Meitei, alla fantomatica storia d’amore, alle litigate coi vicini, all’attività ginnica del gatto. SN è veramente bravo nel descrivere le ambientazioni, le piccole manie dei personaggi, i minuti dettagli, così da offrire una istantanea talmente reale da catapultarmi nella casa del professore, dove, più o meno, si svolge tutta la storia.
Ho scoperto che il titolo originale è stato tradotto in maniera un po’ imprecisa, infatti “wagahai wa neko de aru” in giapponese è traducibile all’incirca con “Io sono Sua Eccellenza il Gatto”. Sarebbe stato più accurato, visto la indiscussa superiorità del felino di fronte agli umani.
La fine mi è rimasta nel cuore.
Consigliato a chi vuole riflettere, divertendosi. Sconsigliato a chi non ama i libri troppo descrittivi.
Recensione di Diabolika Gio
Titolo presente anche nella nostra Rassegna mensile dei libri più letti e commentati a Dicembre 2018 dal nostro gruppo
IO SONO UN GATTO Natsume Sōseki
1 Trackback / Pingback